Dall’abbraccio al braccio

Un tempo i calciatori, quando segnavano, correvano a cercare l'abbraccio della squadra e ci riuscivano talmente bene da venire prestamente sepolti in un mucchio di braccia, gambe e mutandoni. Poi hanno scoperto la televisione e da allora ogni volta che riescono a «insaccare la palla in rete» corrono velocissimi ai lati più deserti del campo, schivando come avversari pericolosi gli improvvidi compagni che gli vorrebbero dare almeno un bacino. Così possono godere da soli del primo piano della telecamera, e magari esibirsi in qualche spot: per salutare la moglie incinta, contro la piorrea nel mondo, per fare il saluto fascista e così via. Scene esteticamente riprovevoli, ma niente di più. Invece si fa un dramma se tal Di Canio, detentore di orribili tatuaggi, festeggia quei pochi gol che fa esibendosi in saluti fascisti che neppure il più fanatico degli avanguardisti di Pratola Peligna durante la visita del duce. Fatti suoi, se davvero non temiamo che quel gesto porti, prima o poi, a una nuova marcia su Roma.
È una gazzarrata come tante ne capitano a ogni partita sui campi di calcio, a mio parere molto meno disdicevole e socialmente diseducativa di uno sgambetto all'avversario leale. Invece da noi si apre subito il cielo e ci lascia piovere addosso cassandrate e alti lai di questo e di quello su quanto il gesto sia sintesi assoluta del Male. Accade addirittura che il presidente della regione Abruzzo (che dovrebbe avere altro da fare) annunci alla stampa di abbandonare per questo il tifo laziale per passare all'Inter. Le mancava solo questo all'Inter. E a me, interista già in lutto ultradecennale, ora toccherà passare alla Lazio, perché un cotifoso così è peggio del giocatore che depreca.
Comunque, visto che si fa finta di prendere sul serio questa faccenda, prendiamola sul serio davvero.
Il Giornale si è battuto, negli anni scorsi, perché venisse abolita dalla Costituzione la barbarica e assurda disposizione che vietava il ritorno in Italia degli eredi Savoia. In quella battaglia io stavo alla mitragliatrice, benché niente mi sia più lontano dell'idea monarchica e i due eredi mi sembrino, oltre che uno peggio dell'altro, disgrazie a se stessi più che alla Patria. Ma era vergognoso che un grande Paese e un grande popolo come il nostro avessero a tal punto paura della loro storia recente da includere nelle norme statutarie una vera e propria violenza contro alcuni cittadini - innocenti di tutto - considerandoli biblicamente colpevoli delle responsabilità dei padri.
Bene, i Savoia sono finalmente tornati e hanno in abbondanza dimostrato di non costituire un pericolo per la democrazia, anzi talora contribuiscono al buonumore nazionale e sono la maggiore assicurazione che la monarchia non tornerà, almeno per un paio di generazioni. Dove posso puntare ora la mitragliatrice, o miei lettori/capitani? (Uso volentieri parole d'armi per solidarietà ai soldati nassiriensi.) Cosa si può annichilire, dunque, ora, di quella nostra Costituzione così democratica e amorevole e protettiva da volerci dire quasi anche quando andare a letto e a chi volere bene? Ovvio. Contro la XII «Disposizione transitoria e finale», che vieta «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». E di conseguenza della legge che vieta di compiere il gesto del saluto romano, oggi culturalmente meno dannoso del dito medio alzato e politicamente ancora più innocuo.
Se la disposizione poteva avere un senso nel 1946, come poteva averla quella contro i Savoia, oggi è solo abnorme. La domanda da farsi è una sola: esiste in Italia il pericolo del ritorno di un grande partito fascista e della sua ideologia? Uno scommettitore darebbe la possibilità 1 a 10.000. Mettiamo che l'esempio idolatrico di un calciatore e di qualche gruppo di presunti fascisti (in genere non sanno neanche cosa sia stato e cosa sia il fascismo) porti la percentuale all'1 contro 9999, ma credo che invece la porti a 10.

100: abbiamo ancora tanta paura del nostro passato da voler impedire l'esibizione ascellare di individui a cui la nostra Costituzione promette, nella sua parte «nobile», libertà di culto e di idee politiche? Che Di Canio faccia del suo braccio destro quel che vuole. Con l'unica raccomandazione di un buon deodorante.

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