Dan e camorra, soci per scommessa

Dan e camorra, soci per scommessa

C’è un appunto, nella mole sterminata di documenti che raccontano il lato oscuro del calcio italiano, che fa capire su cosa sia fondato l’ultimo allarme: quello sulla contiguità tra l’organizzazione che truccava partite e scommesse e la criminalità organizzata italiana. Finora, nell’inchiesta della Procura di Cremona che ha portato alle retate del giugno scorso e di questa settimana, a tirare le fila del malaffare sembrava solo e soltanto la gang internazionale capeggiata da Tan Set Eeng, detto Dan, il businessman di Singapore che dirige la «Exclusive Sports». Ma era improbabile che un business così ricco non richiamasse gli appetiti dei clan di casa nostra. Ed in particolare della camorra napoletana, che - fin dagli anni Ottanta - ha sempre dimostrato un famelico interesse per il business pallonaro.
In direzione di Napoli portano molte intercettazioni e testimonianze contenute nei verbali. Ma ancora più nettamente porta verso il Vesuvio un rapporto della Mobile di Cremona che ruota intorno a un personaggio curioso, in cui l’inchiesta si imbatte di rimbalzo: si chiama Guido T., è nato negli Stati Uniti nel 1959, gravita su Firenze. A T. la polizia arriva attraverso uno degli uomini di fiducia del bomber atalantino Cristiano Doni, il romagnolo Antonio Benfenati (che è anche socio del padre di Doni in uno stabilimento balneare a Cervia). Benfenati chiama da una cabina telefonica un tizio di nome Massimo Casabona «al fine di provvedere all’attività di scommessa». E subito dopo Casabona chiama l’utenza intestata a T.
Chi è T.? Scrive la Mobile: «Indagato nel 2009 per violazione delle norme bancarie nonchè per esercizio abusivo di giochi e scommesse; in particolare in banca dati viene specificato che tale attività fosse indirizzata al favoreggiamento di un’organizzazione camorristica». Un po’ vago. Ma più preciso è l’appunto allegato agli atti di un ispettore della Questura di Bologna che riferisce quanto appreso da «una fonte confidenziale di assoluta attendibilità» sul circuito delle calcioscommesse. È un racconto illuminante, perché spiega che quando a combinare gli incontri sono solo i signori del racket con i calciatori a libro paga, spesso vanno incontro a fallimenti perché «intervengono tutta una serie di variabili imponderabili (l’impegno degli altri giocatori estranei alla combine, le decisioni arbitrali, etc)». Tutto cambia, e il lavoro dei clan si fa più semplice, quando verso la fine dei campionati ad accordarsi per truccare gli incontri sono direttamente le società: «In tal caso l’esito dell’incontro è praticamente sempre quello concordato, fatto questo che induce a ritenere che le società riescano in qualche modo a pilotare il comportamento dei propri giocatori». A quel punto il racket va a colpo sicuro: «Nel mondo degli scommettitori vi sono soggetti che hanno stretti rapporti con le società o con i singoli giocatori i quali riescono a sapere con congruo anticipo quando una partita risulta truccata e sono pertanto in grado di effettuare scommesse anche importanti su tali eventi».
La «fonte confidenziale» aveva raccontato in anticipo quanto poi scoperto dalle indagini cremonesi: «è notoria l’esistenza di una organizzazione criminale strutturata di slavi a suo dire molto potente in grado di alterare competizioni anche ai più alti livelli, compresa l’Europa e la Champions League.

La piazza sicuramente più importante in Italia dove poter attingere informazioni qualificate su eventuali eventi sportivi alterati è quella di Milano. Esisterebbe un soggetto di origine toscana indicato con il nome di Guido T. che sarebbe in possesso di informazioni particolarmente interessanti».

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