A forza di scavare nei misteri del patrimonio immobiliare della Dc letteralmente scomparso dopo esser stato svenduto a una società poi dichiarata fallita (120 edifici a solo un miliardo e trecento milioni di lire) si scoprono risvolti inquietanti. Dopo aver dato conto dei processi in corso per bancarotta a Roma (nei confronti di Angiolino Zandomeneghi, titolare della società-pigliatutto denominata «Immobiliare Europa») e per corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio a Perugia (imputato è il giudice Baccarini che curò il procedimento fallimentare proprio dell’«Immobiliare Europa» nato da un’istanza dei legali del Ppi) oggi scopriamo che sempre nella Capitale pende un’altra inchiesta a tema con quattro indagati eccellenti già appartenenti al partito dissoltosi nel Ppi, nel Cdu e nel Ccd: quella sul crac di due società immobiliari della vecchia Democrazia cristiana, la «Ser» (Società edilizia romana) e l’«Immobiliare», poi assorbite dall’«Immobiliare Europa» dell’imprenditore Zandomeneghi attraverso l’acquisizione delle holding finanziarie dello scudocrociato, «Affidavit» e «Sfae».
Gli indagati sono gli ex «tesorieri» Tancredi Cimmino, Nicodemo Oliverio e Romano Baccarini, quali componenti del Cda della «Ser». Indagato a margine anche l’ex amministratore Alessandro Duce, oltre naturalmente all’onnipresente Zandomeneghi e ad alcuni dei «compartecipi» all’amministrazione dei beni della Balena bianca passati di società in società fino a scomparire in Croazia. Da almeno un anno ben 19 persone stanno attendendo di sapere se saranno rinviate a giudizio da parte del pm Luca Palamara (lo stesso magistrato che sta processando Zandomeneghi a Roma per bancarotta dell’Immobiliare Europa) oppure se potranno tirare un sospiro di sollievo a seguito di una parziale richiesta d’archiviazione, solo in parte già inoltrata dal Pm. Gli ex amministratori della Ser - spiegano i legali dei tesorieri - sostengono che la Ser fu svuotata dallo Zandomeneghi che, avendo portato in Croazia il patrimonio della società, ha causato il dissesto della stessa rendendo, perciò, necessario da parte degli amministratori Oliverio e Gilli, richiederne il fallimento onde poter salvaguardare il patrimonio della ex Dc.
Nel frattempo questa nuova vicenda è destinata a rendere ancora più intricati i procedimenti in corso perché, sullo sfondo del fallimento della «Ser» avvenuto nel luglio del 2003, si affronta il capitolo delle «donazioni» al Ppi di prestigiosi palazzi in carico alla «Ser». Secondo il reato ipotizzato nell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari, i tre ex amministratori del patrimonio democristiano «il 16 luglio del 1998 distraevano il bene immobile ubicato in Roma, piazza don Luigi Sturzo, denominato Palazzo Sturzo», iscritto in bilancio per un valore pari a quasi tre miliardi e mezzo di vecchie lire, «con un valore catastale pari a 20miliardi» ed «un valore di mercato assai più elevato, risultato oscillante tra i 60 e i 100 miliardi di vecchie lire, attraverso la donazione dello stesso in favore del Ppi, soggetto indirettamente controllante la stessa Ser fallita» e con ciò «arrecando un danno patrimoniale in capo ai creditori». Altro potenziale danno ai creditori la procura lo contesta al terzetto con la distrazione, attraverso donazione al Ppi, di beni immobili «variamente ubicati» nel Paese per quasi due miliardi di lire «e dal valore di mercato assai più elevato».
Ma quel che davvero sembra interessare ai magistrati sono le modalità d’«alienazione» di Palazzo Sturzo, ipotecato dalla Banca di Roma e ceduto gratuitamente dalla «Sfer» al Ppi. E proprio per un debito da 40 miliardi di lire nei confronti dell'istituto di credito, la «Ser» è stata dichiarata fallita.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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