Se ne parla tra i Cantoni. Carlo de Benedetti, sì, proprio lui, l’Ingegnere, diventerà cittadino svizzero. Il settimanale Die Weltwoche, La settimana del mondo, ha lanciato lo scoop di autunno con tutti i particolari di cronaca: «Con il passare degli anni ho deciso che un giorno avrei voluto diventare cittadino svizzero, ho fatto già domanda. Da undici anni abito a St. Moritz e ho una patente svizzera. Mi hanno detto che conta l’anno e mezzo trascorso in Svizzera durante la guerra, potrò diventare cittadino elvetico nel 2009».
Pronti i festeggiamenti in famiglia, non a pane e cioccolato secondo letteratura e cinematografia degli immigrati italiani in terra rossocrociata, ma champagne e tartufi, d’Alba però e non di Nyon, secondo i gusti umili dell’imprenditore torinese. De Benedetti non ne può più del Paese di origine, ha lo stomaco in disordine, non per i tartufi bianchi ma per la politica, l’industria, la televisione, i giornali (non tutti) e, da qualche settimana, ha preso a torte in faccia l’Italia e gli italiani: «Dobbiamo fare un piccolo atto di umiltà e prendere atto del fatto che non contiamo più nulla. L’Italia è un Paese che è stato cancellato dagli schermi radar del mondo. Con l’eccezione del nostro passato, se arrivasse uno tsunami e non ci fosse più l’Italia, nessuno se ne accorgerebbe. Sono stato di recente negli Stati Uniti e per la prima volta da anni nessuno mi ha chiesto nulla su cosa accade nel nostro Paese», pensieri e parole illustrate a Roma, in un convegno all’Aspen institute. E ha aggiunto: «Il futuro dell’Italia non sta in Cina o in India, Paesi lontani e costosi» (strano, l’ing. andrebbe informato, risulta che sia anche membro della Citic, acronimo della China International Trust and Investement Corporation, con sede a Pechino), «la nostra sponda naturale è il sud del Mediterraneo, a partire da Israele, un Paese dal quale possiamo imparare molto e i cui imprenditori guardano a noi soprattutto dal punto di vista del marketing e del management perché ci trovano simpatici».
Ora se a New York non sanno più dove stia l’Italia, a Gerusalemme crepano dalle risate, forse la vis comica dell’ingegnere ha coinvolto i colleghi israeliani con i quali ha tenuto sempre ottimi contatti. La quale cosa fa ritornare alla mente il verbale della deposizione di Renato
Altissimo, ministro dell’Industria ai tempi della vendita della Sme.
Tutto trascritto, relativo a una considerazione garbata del professor Prodi Romano. Ai tempi Altissimo aveva informato Prodi dell’interesse del gruppo Heinz all’acquisto della Sme, il Professore fu deciso nel rifiuto, non vendo. Qualche tempo dopo, Prodi vendette Sme al De Benedetti Carlo e il ministro osò domandare: «Perché a Carlo sì e a Renato no?». Prodi, con il tono stentoreo di sempre, chiarì l’arcano: «Perché Carlo ha un taglietto sul pisello che tu non hai». Asterischi rispetto al vociare contemporaneo, al compagno Veltroni che fa il furbo con le tessere di partito, alla bassezza dell’impero che costringono l’Ingegnere a chiudere i bagagli, firmati, e a varcare il confine. St. Moritz vale una messa, in piega per la sua signora, e non ci saranno altri casi imbarazzanti come la storia dell’evasione su Iva e dazi per 58mila euro per l’acquisto di alcuni gioielli per la stessa consorte Silvia Cornacchia, in arte Monti, donna davvero splendida, incontrata a St. Moritz, rivista in Sardegna, infine sposata, dopo pluridivorzi.
Un braccialetto di diamanti da 360mila franchi svizzeri, un calice d’argento dorato e un boccale per un totale di 400mila franchi? Il fatto non sussiste, i legali smentiscono, nessuna evasione fiscale, semmai evasione in Svizzera, non certo a Briga o a Stans ma a Sankt Moritz, lasciando le Langhe, terra di gioielli profumati, detti tartufi, dimenticando Romazzino, le traversate su Itasca, il rimorchiatore che piaceva ad Agnelli ma venne acquistato dal suo dipendente («faccio i complimenti a De Benedetti anche se lui parla male di noi», disse l’Avvocato del suo ex amministratore delegato, socio al 5 per cento e liquidato in mesi quattro). Il 50 metri è stato rivenduto per un motoscafo meno trionfale.
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