De Magistris, il falso numero uno «Del tutto inadeguato a fare il pm»

Gigi il duro e puro. Luigi che non accetta compromessi. De Magistris il cane da guardia del potere. Per i suoi fan, l’ex magistrato è l’angelo del bene che ha indagato senza paura nelle tenebre del malaffare e si è messo di traverso ai potenti che poi avrebbero complottato contro di lui. Ma la magistratura di Catanzaro, la città in cui De Magistris ha lavorato per tanti anni, dà del pm De Magistris una valutazione molto più prosaica. Fra limiti, errori, inchieste approssimative. Altro che idolo della purezza. Il De Magistris magistrato scricchiolava sul piano del metodo e del merito. È per questo che il consiglio giudiziario di Catanzaro lo bocciò all’unanimità, formulando un parere negativo alla sua nomina a magistrato di corte d’appello.
Un giudizio pesantissimo, quello della magistratura di Catanzaro, che si ritrova nell’intervento dell’allora procuratore generale Enzo Jannelli. È il 15 giugno 2008. «Ho letto le carte del fascicolo personale del dottor De Magistris e ho riscontrato le solite asserzioni e valutazioni elogiative dei capi degli uffici - scrive Jannelli - che per consuetudine si ripetono nei riguardi dei magistrati tutti, ad eccezione di casi eclatanti di condotte, al limite, costitutive di reato».
Ma questa è appunto la vernice che dà colore al personaggio De Magistris. La realtà, osservata da vicino, è secondo Jannelli molto più modesta: appena arrivato, «fui subito colpito dalle notizie che andavo apprendendo presso i colleghi tutti: che era un magistrato molto attivo, ma i procedimenti da lui istruiti, quelli di grande impatto sociale perché rivolti contro i cosiddetti colletti bianchi per reati contro la pubblica amministrazione, erano quasi tutti abortiti con provvedimenti di archiviazione, con sentenze ampiamente assolutorie in fase dibattimentale».
L’esperienza conferma quelle voci: «Ritengo, dopo un’approfondita disamina della documentazione presentata, di non poter non formulare, in questa sede e per l’occasione, un parere decisamente negativo sul versante della professionalità e della personalità dimostrata nella sua attività di pm». Insomma, «la valutazione non può essere che negativa sul piano del merito. Sul piano professionale devono elencarsi i procedimenti di rilevante impatto sociale e istruiti dal dottor De Magistris e che hanno trovato per le conclusioni proposte clamorose smentite in sede giudiziale».
Jannelli elenca anzitutto quella che lui chiama «una serie numerosissima di insuccessi». Si comincia con il procedimento sulla clinica degli orrori: ventuno richieste di misura cautelare, dodici di rinvio a giudizio e alla fine una sfilza di assoluzioni con le formule più ampie. Si prosegue col Balkan Gate, dove «un foltissimo numero di indagati» è stato assolto e «per talune imputazioni è stato rilevato l’errore di diritto... e il pm è stato sollecitato a una correzione di tiro». Si finisce, con «le archiviazioni nei procedimenti venuti all’onore delle cronache nazionali... ». Si tratta di Why Not e di Poseidone. «In Why Not è intervenuto, su richiesta dei procuratori generali, il decreto di archiviazione in data 1-4-2008 per Clemente Mastella, ex ministro della Giustizia, indagato, senza che, ad avviso dei sostituti procuratori generali assegnatari e, poi, del gip, sussistessero elementi che potessero giustificarne l’iscrizione per giunta per una serie di delitti del tutto inventati». Non basta: «Nel processo Poseidone è intervenuta l’archiviazione per 13 indagati. Dalle motivazioni e dalla richiesta del decreto si deduce il modo disinvolto dell’iscrizione nel registro degli indagati, senza la sussistenza di elementi concreti funzionali alla delineazione degli elementi essenziali dei fatti di reato». Naturalmente, «De Magistris - prosegue Jannelli - ha già espressamente dichiarato che quei procedimenti gli sarebbero stati sottratti - uno avocato, l’altro revocato - per perseguire fini contrari alla giustizia». Ma questo fa parte del complotto universale per fermare l’impavido magistrato. Una tesi che per Jannelli fa acqua da tutte le parti.
«Sul piano del metodo, deve registrarsi la tendenza del dottor De Magistris alla duplicazione dei procedimenti, all’iscrizione cioè degli stessi indagati in diversi procedimenti per le stesse ipotesi di reato». Di più: «Deve altresì registrarsi il metodo di indagine, in punto di conferimento di indagini tecniche, del De Magistris, tale da risolversi quelle consulenze in un mandato, dai limiti oltremodo dilatati, volto alla ricerca di reati indeterminati». Del resto, l’analisi dei procedimenti Why Not, Poseidone, Toghe lucane dimostra, secondo Jannelli, che De Magistris persegue «fenomeni criminosi generali... Da una tale impostazione segue l’iscrizione nel registro degli indagati di titoli di reato a catena senza alcuna preventiva verifica dei fatti specifici, sia pure a grandi linee, corrispondenti».
Infine, l’implacabile procuratore generale nota «le condotte di disaffezione»: De Magistris si è allontanato dall’ufficio e non ha giustificato in alcun modo la sua assenza. Invece, sempre secondo Jannelli, ha concesso interviste che «gettano discredito, per la genericità delle sue affermazioni, sull’intera magistratura calabrese». Un quadro, dunque, disastroso.
Per questo, Jannelli scrive che De Magistris «è del tutto inadeguato, sul piano professionale, sul piano dell’equilibrio, sul piano del rispetto dei diritti delle persone solo sospettate di reato (per essere poi assolte con le formule più ampie) a svolgere la funzione di pm. Solo forse una continuata attività di giudice in un collegio penale, con il controllo dei colleghi e maturando per l’esperienza e le frequentazioni dei predetti, consentirebbe a De Magistris di acquisire la cultura della prova e della giurisdizione».
Una bocciatura senza se e senza ma, confermata all’unanimità dal consiglio giudiziario che non influirà sulla carriera di De Magistris.

Il parere, trasmesso al Csm, rimarrà per molto tempo in un cassetto senza mai essere esaminato, finché De Magistris lascerà la magistratura e inizierà una seconda vita nell’Italia dei valori: diventerà l’alfiere del giustizialismo più giustizialista, scavalcando lo stesso Di Pietro. Jannelli invece si troverà invischiato, proprio a causa di De Magistris, nella guerra fra le procure di Catanzaro e Salerno e verrà trasferito e sottoposto a sua volta a procedimento disciplinare.

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