L’Italia dei livori si arricchisce di un nuovo capitolo: la saga Beppe Grillo vs Luigi De Magistris. Gli ex pappa e ciccia del giustizialismo all’italiana si sono reciprocamente mandati un «vaffa», come in uso a quelle latitudini piazzaiole. Ma chi ha sferrato la coltellata, chi è il Bruto e chi è Cesare? A guardare la tempistica, è Grillo a gridare al tradimento. «Quando sbaglio lo faccio in buona fede, ma subito dopo mi inc... con me stesso - ha scritto Grillo sul suo blog -. Di errori ne ho commessi molti e purtroppo ne commetterò altri. Uno dei più imbarazzanti è stato Luigi de Magistris, eurodeputato grazie (anche) ai voti del blog». I suoi due peccati mortali? Non essersi dimesso dopo il rinvio a giudizio per una presunta omissione d’atti d’ufficio quand’era magistrato a Catanzaro («Lasciamo che ogni denuncia blocchi l’attività di un politico? È un clamoroso errore giudiziario, i magistrati possono sbagliare», avrebbe detto l’esponente Idv) e soprattutto l’aver invocato l’immunità parlamentare per difendersi dall’accusa di diffamazione (la citazione è stata depositata a Benevento) del collega di euroscranno e nemico storico Clemente Mastella, che da Guardasigilli del governo Prodi fu costretto a dimettersi per i veleni del caso Why Not.
In realtà lo strappo si sarebbe consumato dopo la strana decisione di Antonio Di Pietro di sostenere alle scorse Regionali in Campania il sindaco di Salerno Pd Vincenzo De Luca, un uomo con un pedigree giudiziario non proprio immacolato per colpa di una storiaccia di presunte truffe all’Inps, sufficiente a far storcere il naso ai duri&puri, compreso De Magistris. Che però allora (seppur invocato come candidato alternativo) non fece una piega. Quella scelta non era piaciuta nemmeno a Gianroberto Casaleggio, guru del web, storico compagno di strada di Beppe Grillo, e curatore dei siti beppegrillo.it, antoniodipietro.it e italiadeivalori.it. Un uomo ombra che un po’ di peso nelle scelte politiche del sodalizio forcaiolo l’aveva sempre esercitato. Dopo la sconfitta si è consumato il divorzio. Questione di soldi, mormorano i maligni. Troppi quegli 800mila euro l’anno circa che il partito dava a Casaleggio per il sito, che ora sarebbero in mano ai demagistrisiani. E infatti è proprio Casaleggio l’uomo a cui, piccato, De Magistris fa riferimento nella contro stilettata a Grillo: «Sono allibito, ha deciso unilateralmente di rompere un rapporto di amicizia: questo mi dispiace perché lo considero un grande comico. È evidente a tutti che la sua attività è in qualche modo guidata da ben noti gruppi imprenditoriali e della comunicazione che lavorano con lui», cioè Casaleggio. In realtà, come confessa un collaboratore della società di comunicazione, dal divorzio quello che ci ha «smenato» di più è proprio il partito di Di Pietro. «Siamo stati noi a portarli dal 2,5% all’otto e rotti...». E dal tenore dei commenti sui siti dipietristi, l’immagine dell’ex pm ne esce in effetti un po’ appannata.
Non pago, De Magistris ha affondato il colpo: «Grillo usa lo stesso linguaggio del Giornale e non vuole che la politica cambi, altrimenti sarebbe inutile. Lasci le sue case milionarie e le sue pantofole e scenda in piazza con noi...». Caro Grillo, lo diceva sempre, Pietro Nenni: «C’è sempre un puro più puro che ti epura».
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