Pedro Armocida
da Roma
Ovviamente non ha chiuso occhio. Ci sarà tempo per dormire. A poche ore dal verdetto finale del Grande Fratello numero 6 che lo ha visto vincitore di misura su Filippo Bisciglia eterno secondo, 38 per cento a 34, Augusto De Megni si presenta di buon mattino nella collinetta di Cinecittà che ha ospitato il programma. La sua storia è abbastanza romanzesca per via del sequestro da parte dell'Anonima sarda che lo ha tenuto prigioniero per quattro mesi in una buca quando aveva solo dieci anni. Troppo facile, ma è così, il parallelo con l'uscita vittoriosa dai tre mesi tra tugurio e casa dei nababbi. Il Grande Fratello è sempre più un reality correct. Misurato e pensieroso, nella casa era tra quelli che spaccava il capello in quattro («Sicuramente ho fatto degli errori, ho criticato troppo. Ho un caratteraccio e la schiettezza mi porta a non contare fino a dieci. Ora faccio mea culpa»), dal suo ragguardevole metro e 93 d'altezza Augusto sembra ancora non rendersi bene conto di aver vinto 900mila euro e soprattutto del circo mediatico che lo attende già da domani nella Buona domenica di Costanzo. Ma una cosa la vuol dire subito visto che, unico tra i finalisti, riesce anche a costruire frasi sensate: «So che ora si vocifera che con l'arrivo di questi soldi piove sul bagnato. Non è vero, sono come gli altri. Tra dodici giorni compio 26 anni e questa somma mi aiuterà a trovare la strada che sto cercando, il mio futuro».
E quale sarebbe?
«Ancora non lo so».
Suvvia dopo essere stato scartato allo scorso Grande Fratello questa volta lo hai vinto. Non le piacerebbe lavorare nello spettacolo?
«Non ho partecipato né per i soldi né per ambizioni di entrare in questo mondo. Ma per qualcosa di più profondo».
Siamo tutt'orecchi.
«La mia grande sfida era ripercorrere una strada simile a quella del sequestro. L'ho vinta nel momento in cui ho superato i brutti momenti. All'inizio mi piaceva vedere cosa questo gioco avrebbe rievocato in me. Certe esperienze non scompaiono dall'oggi al domani. Volevo superare tutte le difficoltà da solo. E forse per la prima volta ho affrontato le situazioni senza evaderle».
È anche per questo che nella Casa non ha mai parlato della sua disavventura se non per una confidenza con Filippo?
«Quello è stato un momento di debolezza ma sapevo che di lui mi potevo fidare. Tutto volevo tranne che mi si indicasse con il solito poverino. Così da solo ho combattuto con alcuni miei incubi».
Quali?
«Cose che possono sembrare banali, piccole sensazioni legate soprattutto ai sensi, agli odori e ai sapori. Come quello dell'erba bagnata o dell'agnello che ho espressamente richiesto al Grande Fratello di non portare sulla tavola per Pasqua. Nei mesi di prigionia mi hanno dato da mangiare solo pecora e non sempre era bollita».
Fabiano, terzo finalista, non sa più come scusarsi di averle tirato per scherzo gli scarafaggi.
«Ma io invece lo ringrazio. Mi è tornata la fobia per gli insetti che non avevo da anni. Ora però credo di aver esorcizzato tutte le mie paure».
Durante la finale suo padre ha detto che stavolta si sentiva molto orgoglioso di lei. Non lo è sempre stato?
«Papà voleva dire che spesso in passato è stato critico per alcune mie scelte. Ora aveva paura che mi potesse far male rivivere certe emozioni».
Sua mamma invece non l'abbiamo mai vista.
«Anche lei era dubbiosa sulla mia partecipazione. Non è venuta perché è malata. Una cosa concreta che vorrei fare, legata alla sua invalidità, è donare una somma all'Associazione miastenici italiani che le è stata molto vicina durante la mia assenza».
A casa però è tornato per votare.
«Ci hanno portato direttamente al seggio».
E su chi ha messo la crocetta?
«È un segreto. Diciamo che dopo aver letto i programmi dei due schieramenti ho concentrato la mia attenzione su chi dava più speranze ai giovani, al lavoro e soprattutto alle infrastrutture per lo sport vista la mia passione per il calcio».
Ma davvero non vede un suo futuro in tv, magari in sintonia con la facoltà di Scienze delle comunicazioni che sta seguendo?
«Per la laurea mi manca una vita però in effetti, perché no, potrei essere un buon inviato delle Iene».
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