Decine di cani e gatti feriti fra le macerie Anche gli animali meritano soccorsi

Di fronte alle calamità naturali ci sentiamo a disagio se chiediamo aiuto per loro. Ma è un errore

Quando si affronta una calamità naturale che porta a morte disagi e sconforto in una popolazione, si ha una certa ritrosia a occuparsi degli animali e della loro sorte, perché a qualcuno potrebbe sembrare un fenomeno del tutto marginale nei confronti delle tragiche vicende umane. E invece è sbagliato, profondamente sbagliato, sia dal punto di vista etico che di quello della pura e semplice cronaca. Il problema degli animali esiste, siano essi d’affezione o d’interesse zootecnico ed è giusto che una parte dei servizi di soccorso si prendano cura anche di questo aspetto. La catastrofe provocata in Louisiana e Mississippi dall’uragano Katrina causò la morte di un numero ancora ignoto d’animali, selvatici e domestici. C’è un racconto, su un tabloid americano, che colpisce chi ha un minimo di sensibilità. Una famiglia stava abbandonando la propria casa, ormai invasa dall’acqua. La lancia di salvataggio era strapiena e non c’era posto per il cane. Lo hanno portato al secondo piano e gli hanno lasciato tutto il cibo e l’acqua che potevano. Quando, dopo giorni, sono tornati all’abitazione il primo pensiero è stato per il cane che li aspettava scodinzolando tra le ciotole vuote.
Chi ha cani, gatti o altri animali sa di cosa scrivo. Scrivo di quell’affetto che ci lega a loro, anche e soprattutto nella cattiva sorte. Ero giovane nel luglio del 1971 quando, alle tre del mattino, la terra ci fece ballare per un tempo che sembrava eterno. Mio padre era all’estero. Nel palazzo sentivo le urla dei siciliani (vecchi lupi di attività sismiche) che scendevano le scale al buio e quelli di mia madre che incitava me e mia sorella a uscire. Ma non trovavo Rocky, il nostro cocker, ed erano ormai tutti ai giardini pubblici quando lo scovai sotto un armadio e lo presi in braccio. Non sarei mai uscito senza di lui.
Questo capita anche oggi, quando la gente costretta ad abbandonare le case, non se la sente di lasciare il cane o il gatto e lo porta con sé nei punti di soccorso. I servizi veterinari pubblici, oltre a garantire lo stato delle derrate alimentari e l’igiene dei campi di profughi, si prende giusta cura anche di questo aspetto, perché, fin dove possibile, sarebbe crudele e dannoso aggiungere angoscia ad angoscia.
Oltre agli affetti perduti c’è anche da pensare che cani sbandati, feriti e affamati potrebbero diventare pericolosi per l’incolumità pubblica. Motivo di più per soccorrerli e alloggiarli. Ieri vedevo in TV le immagini dei Vigili del Fuoco che traevano in sicurezza una dozzina di mucche, da una stalla pericolante.

Credo di non dover chiedere scusa a nessuno se mi soffermo a riflettere sulle migliaia di animali che percepiscono le vibrazioni sismiche, e la morte, molto prima di noi. Purtroppo hanno una solida catena al collo che non gli consente la fuga. E siamo noi, ad averla messa.

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