Politica

«Il decreto Bersani limita i diritti dei cittadini»

Paissan, commissario dell’Autorità garante della privacy: «A rischio la riservatezza»

Gian Maria De Francesco

da Roma

«L’altra notte ho letto il decreto Bersani e nella parte fiscale ci sono misure che pongono serie problematiche. C’è un turbinio di dati personali che vengono o richiesti o imposti. Si dimostra poca attenzione verso le tematiche che noi dovremmo tutelare».
A parlare così ieri non è stato un esponente della Casa delle Libertà, ma un commissario dell’Autorità garante della privacy, il verde Mauro Paissan. E lo ha fatto scendendo nei dettagli. Tra gli aspetti che, secondo il commissario, si dovrebbero approfondire «la possibilità di richiedere a un contribuente informazioni su altri contribuenti con i quali è stato in contatto e l’equiparazione dei dati doganali a quelli di polizia, un fatto che limita fortemente diritti e garanzie per i cittadini che quei dati li hanno forniti» e che hanno così meno possibilità di salvaguardare la propria riservatezza. Insomma, anche per Mauro Paissan la parte fiscale del decreto sulle liberalizzazioni è una sorta di marchingegno di polizia che estende il controllo statale sui cittadini. «Combattere l’evasione fiscale - ha detto - è un diritto ma lo è anche la privacy».
Una valutazione non dissimile da quella dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti che, commentando le previsioni del decreto, aveva parlato di «un potere assoluto e immotivato» attribuito agli uffici con la creazione di «un archivio universale che contiene una quota enorme di elementi sulla vita dei cittadini senza reali garanzie di tutela della riservatezza». Una sorta di Terrore giacobino che impone «la virtù con la paura» e pone i contribuenti «nella condizione di essere spiati meglio».
Il presidente dei Riformatori liberali, Benedetto Della Vedova, ha pure espresso giudizi analoghi. «Si punta - ha dichiarato - a creare uno stato di polizia fiscale con un insostenibile carico di burocrazia e un’ossessione per la “tracciabilità” delle transazioni destinata a colpire duramente la privacy». A parere di Della Vedova «questi provvedimenti non faranno che aumentare comprensibilmente l’ostilità degli italiani nei confronti del fisco».
Il presidente dell’Authority, Francesco Pizzetti, nella conferenza stampa successiva alla relazione annuale ha anticipato che «sul decreto Bersani l’Autorità farà una riflessione e già sappiamo che in Parlamento ci saranno dei chiarimenti su questi aspetti». Il prossimo appuntamento è fissato per martedì prossimo in commissione Bilancio al Senato: già in quella sede Pizzetti potrebbe fornire le prime valutazioni.
Il problema, però, non riguarda solo la politica economica ma anche la stessa concezione dello Stato italiano, difforme da quella basata sulla common law anglosassone per la quale la privacy è un diritto inalienabile dei cittadini. Un governo che si richiama al pedissequo rispetto della Costituzione che limita le libertà in funzione dell’interesse nazionale (in questo caso la lotta all’evasione fiscale; ndr) può garantire il rispetto della riservatezza? «L’elaborazione italiana del concetto di privacy - ha sottolineato il commissario dell’Authority Giuseppe Fortunato - non è solo una libertà dalle interferenze che sancisce il diritto a restare solo, ma è anche una pretesa di libertà per fare qualcosa».

Ma fra tasse, balzelli e polizia fiscale Prodi, Visco e Bersani non sembrano essersi per nulla incamminati sulla strada indicata da Fortunato.

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