«Dedicato a chi ha detto

Riccardo Signori


Cielo grigio su, cappellino calato fin giù, quasi sugli occhi, svolazza fuori solo la coda dei capelli scuri. Ma chi è Serpico? Mauro Camoranesi somiglia a un tipo da film. Torna in caccia, a caccia dell’avventura, ora che può di nuovo giocare. Forse dal primo minuto, dice Ranieri. Grigio novembrino a Vinovo, che contrasta con il pallido sole che illumina l’ultima Juve. Passata la bufera? Mauro "Serpico" sorride. Conosce le storie del calcio. «La bufera capita quando mancano i risultati. È il destino delle grandi squadre».
C’è l’impressione che, ancora una volta, voi grandi vecchi abbiate preso in mano il destino della Juve...
«Cosa dice? Non siamo vecchi! Il periodo di difficoltà è legato agli infortuni che hanno colpito tutti: nuovi e vecchi, come dice lei. Però tutti hanno dato una mano a venirne fuori».
Eppure quell’abbraccio fra Nedved e lei dopo il gol a Bologna, sembrava dire qualcosa d’altro...
«Ultimamente prendevamo in giro Pavel, gli dicevamo che ormai non aveva più il tiro, che faticava a trovare la porta. Io lo stuzzico sempre. E mi ha fatto piacere l’abbraccio. C’è rispetto reciproco. Pavel è uno dei giocatori che stimo di più».
E la Juve è sempre squadra?
«Sì, è stata sempre una sua caratteristica e lo si vede in campo: dal modo come ci si aiuta».
Si era detto che c’è uno spogliatoio diviso.
«Chi l’ha detto? Voi giornalisti cosa cavolo sapete? È il gioco delle parti. Si spara, poi qualcuno ci azzecca e qualcuno no».
Eccoci a Juve-Roma: pensavamo di trovarvi nella parte alta della classifica. Invece...
«La Roma è messa male. È lontana. Noi no. Al contrario: siamo a 5 punti dalla vetta dove ci sono Napoli e Udinese, le due sorprese. Siamo a 3 e 4 punti da Inter e Milan, le squadre più pronosticate per vincere lo scudetto».
Stupito dalla posizione della Roma?
«No, perchè se non c’è Francesco, il suo giocatore fondamentale, e persi Mancini e altri 2-3 uomini, è dura. La Roma è una buona squadra, non una supersquadra».
E allora tra Francesco, nel senso di Totti, e De Rossi, è più importante il primo?
«Daniele è fondamentale per il rendimento della squadra, Totti per i risultati. Sono due colonne».
Nella Roma è andato in difficoltà anche Spalletti. Prenda lui e Mourinho: così bravi, ma entrambi in difficoltà...
«Hanno organici diversi e difficoltà diverse. Spalletti non ha un organico completo, l’altro non fa risultati. Ma è normale. Anche il Milan ha avuto i suoi problemi».
A proposito di Milan, cosa dice dell’arrivo di Beckham?
«Mi fa piacere, lo ritengo sepre un giocatore di grande livello. Arricchirà il campionato. Come Ronaldinho».
Amauri è determinante, ha segnato gol pesanti. Sorpreso?
«Mi ero informato con Balzaretti: me ne aveva parlato benissimo. Diceva: sa fare tutto. Ed è vero. È stato una scoperta e una sorpresa. Si è comportato con umiltà. Quando lavori bene, trovi i risultati. Siamo tutti contenti».
Parlando di gol: ora conta più battere la Roma o il Real?
«Meglio la Roma. In Champions siamo primi e al Bernabeu non è facile vincere. È più probabile farcela in casa oggi».
Oggi chi può decidere?
«Mi piacerebbe fosse ancora Nedved».
Buffon, giocatore della Juve, è l’unico italiano inserito fra i candidati del Fifa World players. Significativo?
«In negativo? Sì. Lui, al di là dei risultati, resta sempre di livello elevatissimo. Nel resto il calcio italiano paga la brutta annata internazionale. Anche se Toni è stato capocannoniere in Germania e il Milan ha vinto la coppa Intercontinentale».
A chi darebbe il Pallone d’oro?
«Lo darei ancora a Zidane. Sempre a Zidane».
E se dovesse sceglierlo solo nel nostro campionato?
«Ne scelgo quattro: Buffon, Kakà, Seedorf, Pirlo».
Tifoso del Milan?
«No, mi piacciono i giocatori determinanti e di qualità».
Cosa dice di Maradona ct dell’Argentina?
«Mi fa piacere per lui. Sarà uno che sceglierà bene. Spero!».
Pensa che, a suo tempo, avrebbe convocato Camoranesi?
«Non so, sono solo ipotesi. Ma io la mia coppetta l’ho alzata».
In questi anni Camoranesi è rimasto alla Juve, ne è valsa la pena, nonostante la serie B?
«Ne è valsa la pena. I dubbi sono stati cancellati dal tempo».
Una volta ha detto che ci vorranno 10 anni per ritrovare una squadra come quella del 2005. Conferma?
«Certo, serve un cambio generazionale. Devi aspettare che la gente cresca».


A Bologna un tifoso juventino è finito in ospedale, a rischio di vita: questo è l’unico calcio che non cambia mai. Ne conviene?
«Guardi, ormai non penso niente. Penso solo a giocare. Non ci voglio pensare, vedo cose deludenti, eccessi perfino nei ragazzini, provo amarezza. Non capisco. Mi chiedo perchè? E non trovo risposta».

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