Deficit nel Lazio, dati sbagliati

Più dell’80 per cento dei risparmi sono stati fatti a spese dei privati: in tutto 560 milioni su 694 dell’intera manovra

Deficit nel Lazio, dati sbagliati

Senatore Cesare Cursi, responsabile nazionale Salute e Affari sociali del Pdl, la spesa sanitaria nel Lazio sembra ancora fuori controllo, nonostante il commissariamento.
«È la conseguenza della totale rinuncia della giunta di centrosinistra di porre in essere la benché minima iniziativa di carattere politico-sanitario. La gestione commissariale non ha colpe, si limita a controllare il contenimento della spesa che risulta difficile in assenza di decisioni politiche».
È vero che la spesa tendenziale 2009 supera i due miliardi di euro?
«È così, purtroppo. Più di due miliardi di disavanzo stimato, 2,052 per la precisione, contro una manovra correttiva che genererà non più di 300 milioni di euro di economie reali».
La Regione però continua a diffondere dati di disavanzo al di sotto di un miliardo di euro.
«È falso, quella è solo la parte non coperta da entrate. Cioè è un dato di contabilità pubblica, che poco importa ai cittadini. Più di un miliardo di disavanzo infatti è pagato dalle maggiori tasse pagate dai cittadini e dalle imprese laziali, con Irap e Irpef che ammontano a circa 780 milioni di euro oltre al contributo straordinario dello Stato, che si concluderà però nel 2009, pari a circa 265 milioni di euro. Ciò nonostante rimane ancora un saldo negativo pari a 1 miliardo e 7 milioni di euro, che dovrà essere coperto dall’attuale manovra correttiva che è tutta da verificare negli esiti pratici».
Sembra che la manovra commissariale abbia penalizzato pesantemente il privato in convenzione.
«Lo dicono i dati. Più dell’80% è incentrata su tagli ai privati, cioè 560 milioni di euro su 694 milioni di intera manovra. Il che lascia davvero perplessi... Il privato in convenzione - quello che eroga buona sanità privata, s’intende - come è noto, costa meno del pubblico, con punte fino al 46,6% a parità di prestazioni, e garantisce migliore qualità dei servizi».
Qual è la sua spiegazione?
«È semplice. Manca la politica, cioè la capacità o la volontà di scegliere. Il vantaggio è che tagliare al privato è facile, non crea tensioni sociali. È l'interlocutore debole di un sistema forte, visto non come operatore qualificato del sistema socio-assistenziale ma come soggetto teso solo a perseguire profitto».
Secondo lei il deficit sanitario laziale è incolmabile?
«Lo sarà sempre di più se non si rivoluziona il sistema organizzativo territoriale. È necessario un salto di qualità nel modo di interpretare la filiera gestionale del nostro sistema socio assistenziale».
Cioè?
«Ci sono troppe Aziende sanitarie che nel contempo erogano e scelgono nel territorio gli erogatori delle prestazioni socio-assistenziali. Il che non può funzionare. Ne basterebbero 5 o 6 in tutta la Regione ma con la chiara ridefinizione del loro ruolo: distinzione netta tra committente del servizio, ruolo che gli spetterebbe, ed erogatore del servizio stesso che sarebbe tipico dei presidi ospedalieri e del privato in convenzione in un leale rapporto di concorrenza».
Quindi scelta della prestazione migliore al prezzo più contenuto?
«Sì, solo così potremmo cambiare a breve il trend dei conti della sanità. L’Azienda sanitaria ha il dovere di scegliere all’interno del proprio ambito territoriale le migliori prestazioni offerte al costo più concorrenziale, applicando in modo corretto gli indicatori di qualità delle prestazioni erogate».
Maggiore responsabilizzazione del manager aziendale?
«Non c’è dubbio. Il direttore generale dovrà avere a disposizione un bugdet prestabilito all’interno del quale garantire i livelli essenziali di assistenza operando scelte precise. Nel caso in cui le scelte non corrispondessero a requisiti di economicità e qualità delle prestazioni acquistate - non erogate!- il manager sarebbe diretto responsabile del danno all’erario e dovrebbe essere rimosso. Basta con le finte valutazioni di questi giorni trattate ad arte».
Finora la disciplina dei Piani di rientro ha funzionato?
«Come ogni cosa è migliorabile, ma non vedo reali alternative.

Se pensiamo che in futuro il limite oltre il quale le Regioni saranno sottoposte al vincolo dei Piani di Rientro sarà pari al 7% del rapporto tra entrate e uscite, ho paura che in assenza di cambiamenti strutturali, la Regione Lazio rimarrà commissariata per molti anni».

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