da Milano
«Ho vissuto per ventanni in Siria, ad Aleppo, ho trascorso gli anni del liceo in una classe rigorosamente maschile, mentre le mie figlie hanno sempre frequentato classi miste». Il dottor Mouhyi-el-Dine Ammoune è il padre di Lubna, lontanissimo dallintegralismo e dal fondamentalismo di cui spesso si sente parlare.
Laltroieri cè stata la sentenza per lomicidio di Hina: 30 anni al padre che lha sgozzata.
«Dovevano infliggere una pena ancora più dura. Trentanni non sono niente per un omicidio così. Lavori forzati. Persone del genere non meritano di vivere in una società civile.
Il padre ha ammesso di averla uccisa perché ha avuto paura della sua «occidentalizzazione».
«Ma con lislam questo omicidio non centra nulla. Questa è violenza. Ignoranza. È il dramma di chi rifiuta lintegrazione».
Lei si considera una persona integrata?
«Assolutamente sì, mi sono laureato in medicina in Italia, e mi sono trovato così bene che ho deciso di rimanere qui. Ma devo essere sincero, il mio caso è diverso rispetto a molti immigrati, io non sono venuto alla ricerca di un lavoro, o per migliorare la mia condizione. Io sono un privilegiato da questo punto di vista e di conseguenza la mia integrazione è stata facilitata».
Come si aspetta che si comportino le sue figlie?
«Quello che si aspetta ogni padre, che siano oneste e che portino con sé i valori che gli abbiamo insegnato».
Lo fanno?
«Ho tre figlie, Lubna ha scelto di portare il velo, la maggiore ha scelto di non indossarlo e la piccola non ha ancora deciso. Ma tutte sono libere di fare come preferiscono. Tutte rispettano i valori che la famiglia ha tramandato».
È un padre severo?
«Sì, sono severo ma non autoritario. Sono come tutti i padri del mondo, cerco di proteggerle, mi preoccupo per loro, se tornano tardi la sera, se non riesco a trovarle al cellulare. Ma per il resto non cè differenza con i padri italiani».
Le sue figlie sono cresciute in Italia e lei in Siria.
«Be, io nel tempo libero andavo in piscina durante i turni per gli uomini, seguivo le lezioni coraniche e se avessi avuto un cellulare probabilmente non avrei avuto numeri di ragazze».
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