Roma

Delitto di via Poma: pm all'attacco: «C'è un filo rosso che conduce a Busco»

Lunga requisitoria dell'accusa al processo per la morte di Simonetta Cesaroni. Secondo il magistrato il responsabile dell'omicidio è l'ex fidanzato della ragazza. Il 7 gennaio le conclusioni e la richiesta di condanna

Non è stato un estraneo ad uccidere Simonetta Cesaroni, nell'ufficio degli Ostelli della Gioventù in via Poma 2 il 7 agosto del '90. La giovane segretaria ha aperto la porta al suo assassino. E quell'uomo, secondo il pm Ilaria Calò, è Raniero Busco, il suo ex fidanzato. È intorno a questa certezza che l'accusa ha costruito la requisitoria fiume con la quale il pm ha tenuto incollati ai banchi per quattro ore i giudici della terza Corte d'Assise prima che il presidente Evelina Canale rinviasse l'udienza al prossimo 7 gennaio per le conclusioni e la richiesta di condanna.
Il magistrato è certo che esista un filo rosso che «sin dai primi rilievi compiuti nell'ufficio di via Poma conduce all'imputato». Diversi gli elementi che chiamerebbero in causa Busco. «L'assenza di segni di scasso o forzature nella porta di ingresso dell'ufficio degli Ostelli - elenca il pm - il fatto che l'omicidio sia avvenuto in una stanza diversa da quella in cui lavorava Simonetta, l'unica che aveva le tapparelle abbassate, le scarpe perfettamente appaiate che la vittima si era slacciata nell'atto di spogliarsi, l'assenza nella stanza del delitto di tracce di colluttazione, il fatto che la vittima si sia slacciata volontariamente il corpetto di pizzo, l'assenza di lesioni da difesa sul corpo di Simonetta». La Calò si è fatta un'idea precisa di cosa sarebbe successo tra le mura di via Poma quel giorno d'agosto: Busco dà un morso sul seno alla fidanzata, lei non gradisce l'approccio e reagisce prendendo un tagliacarte sulla scrivania, lui non ci sta, le molla un ceffone in faccia, tramortendola, poi la pugnala con lo stesso tagliacarte quando è già a terra.
E poi non è vero, come si è sempre detto in quest'inchiesta, che qualcuno ripulì l'ufficio: Simonetta perse tanto sangue, è vero, ma direttamente nel corpo, ebbe di fatto un'emorragia interna.
L'accusa si è poi dilungata sul tipo di rapporto che univa i due fidazanti (lei innamoratissima, lui molto meno preso), sul carattere di Busco e sul suo alibi ballerino («non ne ha mai avuto uno e quelli che ha presentato nel tempo si sono rivelati contraddittori e sono stati smentiti»). Ostenta sicurezza il legale di Busco, Paolo Loria: «Non c'è riscontro effettivo se non l'interpretazione delle prove testimoniali. Ritengo che su questa base non si possa certamente arrivare ad una condannna».

Di tutt'altro avviso Lucio Molinaro, il penalista che assiste la madre di Simonetta: «Ci sono inconfutabili indizi di natura scientifica e nessuna testimonianza è stata in grado di farci capire nulla di più».

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