da Milano
Metamorfosi di un vaffanculo. Era nato come un urlo liberatorio. Sè fatto minaccioso. Era partito come una rumorosa manifestazione di rabbia e stanchezza per la Casta. È sfociato in contenuti e linguaggi che si speravano archiviati con gli anni di piombo. I «comunicati politici» numerati. Il governo che - ma quale democrazia? - in Italia cè «il regime». I giornalisti che son tutti «pennivendoli», «leccaculi» e «servi», e che importa se proprio i comunicati numerati delle Br avevano definito «servi» e «pennivendoli» Indro Montanelli e Vittorio Bruno, tanto per citare due gambizzati, come ricordava ieri il Riformista. Ora, immaginarsi Beppe Grillo che imbraccia il fucile e spara a Gianni Riotta o a Emilio Fede, due dei volti del regime secondo il comico genovese, fa sorridere. Intravedere dove porta il suo crescendo di toni toglie il sorriso.
Il giorno è oggi. Nel 25 aprile della Liberazione, Grillo il Liberatore lancia a Torino il V2-D per tre referendum: abolizione dellordine dei giornalisti, dei contributi pubblici alleditoria e della legge Gasparri. Scrive Grillo, per loccasione autoproclamatosi «erede dei partigiani dItalia»: «I nostri padri e i nostri nonni hanno ripulito lItalia, ma non hanno finito il lavoro. Il nuovo fascismo è il controllo dellinformazione. I nuovi fascisti sono coloro che controllano linformazione». Aggiunge che «il 25 aprile ci siamo liberati dal nazifascismo. 63 anni dopo possiamo liberarci dal fascismo dellinformazione». Perché «un Paese senza memoria è destinato a ripetere i propri errori. Ma un Paese che vive di menzogne è destinato a non conoscere neppure i propri errori. LItalia è sommersa dalle menzogne e non ha più memoria. Linformazione di regime è il virus che lha ridotta così». Gli fa eco e spalla Marco Travaglio, che è un giornalista ma lui è libero anche se scrive su un giornale di partito: «Soprattutto il problema sono i giornalisti, che spesso si autocensurano primancora che qualcuno li censuri».
Il resto è un vaffa ormai sfuggito di mano. Dai meet up: «Caro Beppe, mi auguro che tu faccia nomi e cognomi», e giù insulti a Giordano, Belpietro, Liguori, Facci, Ferrara, Feltri. E poi: «Le tv di Stato e le tv Mediaset hanno una forte maggioranza di servi di sinistra». Oppure: «Sono i Giuda del nostro tempo. Sono i pali delle rapine di Stato. Sono i vigliacchi più responsabili degli esecutori. Non hanno le palle per dire la loro, per scendere in campo, si nascondono e aspettano fuori, complici di chi saccheggia i sacrifici dei lavoratori, degli studenti, delle donne». Parola dordine: «Smerdarli».
E guai a chi dissente. Lo ha fatto Andrea Romano, editorialista de La Stampa, e sè trovato il blog invaso da messaggi di questo tenore: «Egregio pezzo di merda, giornalista dei miei coglioni. Pensi veramente che la gente sia così rincoglionita come vuoi far credere?»; «I vostri giorni di leccaculismo stanno per terminare. La rivoluzione è partita e se serviranno le armi, le useremo. Dovete morire tutti voi pseudogiornalistidelcazzo». Lunica informazione «autentica», avvertono, è quella del Web. E se anche lì cè qualcuno che dice la sua e la sua è diversa da quella dei grillini, è chiaro che trattasi di infiltrato del regime.
Prima delle elezioni Grillo aveva postato il seguente comunicato politico con appello al non voto per protesta contro la legge elettorale: «A urne non ancora aperte, vi presento la Camera dei deputati». Seguiva elenco degli eletti per ogni partito e lavviso: «Se la maggior parte dei nomi non corrisponderà, vuol dire che vi hanno presi per i fondelli. Il non voto è lunico voto utile». È finita che gli italiani invece di scrivere un vaffa sulla scheda sono andati a votare centrodestra, decretando fra laltro la fine della sinistra, e smentendo il guru genovese. Allora la democrazia esiste? Macché.
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