La destra ha tante anime ma il cuore è conservatore

Francesco Giubilei riflette sul ruolo dell'intellettuale nella società come "argine" alle derive illiberali

La destra ha tante anime ma il cuore è conservatore
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Sono un uomo d'ordine e apprezzo i libri d'ordine, la saggistica che non aggiunge confusione ma apporta precisione. Mi è pertanto impossibile non apprezzare Gli intellettuali di destra e l'organizzazione della cultura di Francesco Giubilei, il golden boy del conservatorismo italiano, che si è proposto di mettere ordine nell'aggrovigliata materia del titolo e che ha raggiunto l'obiettivo in sole 102 pagine di piccolo formato. A scriver libri prolissi son capaci tutti («La brevità è la sorella del talento» scrisse Cechov, impolitico e dunque conservatore ad honorem). Piccola anche la casa editrice, Oligo, che ha sede a Mantova e che sempre più spesso compare sul mio comodino. Autore ed editore si assomigliano: stanno entrambi crescendo rapidamente. Il giovane (nato a Cesena nel 1992) e instancabile animatore del dibattito politico-culturale, in qualità di autore, di editore (Historica e Giubilei Regnani), di giornalista (innanzitutto il Giornale), di opinionista televisivo, di consigliere del ministro Sangiuliano, di presidente della Fondazione Tatarella e di Nazione Futura, posiziona con esattezza destra e sinistra, indispensabile operazione preliminare, in pochi stringati capitoli. Analizzando più da vicino le posizioni passate e presenti della destra nelle sue molteplici accezioni: «Una destra conservatrice; una destra tradizionalista; una destra sociale; una destra reazionaria o controrivoluzionaria; anche una destra rivoluzionaria; una destra nazionalista; infine, una destra liberale, ma non liberal». L'occhio di riguardo è, come immaginavo, per il filone conservatore: «Il conservatorismo non è un'ideologia, è più uno stato d'animo, un modo di essere». E questa è una frase che bisogna segnarsi e infatti io me la sono segnata, in una raccolta di virgolettati conservatori disposti nel mio computer in ordine alfabetico, con Giubilei che viene subito dopo Finkielkraut e prima di Giussani («Don Giussani conservatore?» obietterà qualcuno. Certo, e in senso etimologico: «Redimere vuol dire far essere, cioè salvare; vuol dire in latino conservare. Conservarlo per che cosa? Perché si compia e perciò perché sia eterno»).

Giubilei mette tutti i paletti al posto giusto e i primi paletti da mettere sono quelli fra destra e fascismo. Ha il merito di ribadire qualcosa che io mi sono stufato di ripetere ma che bisogna ripetere sempre, ossia come dal fascismo «il conservatorismo si distanzia in modo inconciliabile per idee e valori come la libertà dell'individuo e il ruolo dello Stato nella società». Occupa poco spazio, Gli intellettuali di destra, ma per chi ha già gli scaffali pieni è ugualmente una minaccia: mette voglia di comprar libri. Un guaio. Io adesso vorrei comprare tutti i libri che mi mancano di Del Noce, De Maistre, De Benoist, Luca Ricolfi (sì, Luca Ricolfi), Ardengo Soffici, Armando Plebe, Elémire Zolla, Prezzolini, Longanesi (romagnolo cavallo di battaglia del romagnolo Giubilei), e dei due Leopardi, Giacomo e Monaldo, finalmente riavvicinati da un conservatorismo comune per quanto espresso con modalità diverse. Il sempre bistrattato conte padre stavolta ci fa una gran figura: l'unico uomo in tutta Recanati a non affacciarsi per vedere Napoleone a cavallo, l'unico nobile in tutta Italia a passeggiare ancora con la spada al fianco, irrinunciabile simbolo di status... Giubilei tocca pure tasti dolenti. Nel capitolo «Le donne nella cultura di destra» cita Margherita Sarfatti, Gianna Preda, Ida Magli e poi si ferma, io avrei aggiunto Oriana Fallaci. Proprio ieri mi domandavo: dove si nascondono (o dove vengono nascoste) le eredi della Fallaci e della Magli? Non lo so, nondimeno aspetto un libro da Serenella Bettin e da Cristina Gauri.

Quanti nomi: ma se dovessimo sintetizzare? Il ministro Sangiuliano affermò che capostipite della destra è Dante, e ne seguì un certo starnazzare, il suo consigliere risale ulteriormente il corso della storia e a pagina 28 scrive che i primi campioni del conservatorismo furono Catone e Cicerone: adesso voglio vedere chi si azzarda a confutare. A proposito, Cicerone venne ucciso in odio alla libertà di espressione e secondo Giubilei «la cultura di destra di fronte al dilagare del politicamente corretto e ai sempre più frequenti episodi di censura rappresenta un argine». Sono un uomo d'ordine, come potrei non amare gli argini? Che poi secondo me gli argini li amano tutti. O almeno tutti coloro che vivono vicino a un fiume. Il problema è che molti contemporanei mica lo sanno di vivere vicinissimi al fiume della storia, e distratti da ciance e circenses non si sono accorti che sta piovendo a dirotto.

Converrebbe anche a loro che nella cultura italiana i conservatori contassero più dei dissipatori (il nome che si meritano i progressisti). Che quando si tratta di argini, confini, limiti, i manutentori prevalessero sui guastatori.

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