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Dialogo in punta di pennello tra il maestro e l’allievo

Si apre oggi al Complesso del Vittoriano «Viva la pittura» dedicata a Matisse e Bonnard

Anna Maria Greco

L’idea era nell’aria da tempo e Alessandro Nicosia l’ha concretizzata con una mostra sorprendente al Vittoriano. Il grande Henri Matisse e quel Paul Bonnard ritenuto a lungo un modesto epigono dell’impressionismo e rivalutato solo ultimamente, ne sono i protagonisti in nome di un’amicizia che ha a lungo nutrito la loro pur diversa crescita artistica.
Viva la pittura! è il titolo dell’esposizione di 230 opere (tra olii, sculture, acquarelli, gouaches, disegni e documenti) che s’inaugura oggi, tra mille vip, in uno spazio rinnovato e raddoppiato nell’Altare della Patria, raccogliendo tesori che vengono da 25 musei francesi, dall’Hermitage di San Pietroburgo, dal Metropolitan di New York, dal Lingotto degli Agnelli a Torino, da Canada, Australia... Nell’amore per la pittura, che non imiti semplicemente la realtà ma esprima una personale sensazione ad essa, s’incontrano Matisse e Bonnard. L’idea nasce dalla corrispondenza tra i due tra il ’25 e il ’46 (pubblicata da Gallimard), in cui emerge la verve effervescente del primo e la timida pacatezza dell’altro. Contrariamente a quanto si può pensare, è Matisse che cerca il consiglio, il conforto ai suoi dubbi e alle sue insicurezze di quel coetaneo che stima moltissimo, tanto da scrivere di suo pugno «Si certifica che è un grande pittore», barrando con foga un articolo che dopo la morte di Bonnard, nel ’47, ne mette in dubbio la statura. Accostare due nomi che rivoluzionarono l’arte del ’900, è una proposta cui gli esperti pensavano da tempo e tra 8 mesi a Tokio un’altra mostra sarà dedicata al loro rapporto.
Quella che vedremo a Roma racconta, anche con un prestigioso comitato scientifico, il percorso parallelo di Matisse e Bonnard, con dei temi in comune che ognuno sviluppa secondo la sua sensibilità ma pur sempre su un comune terreno di ricerca. Moderno, essenziale e funzionale il nuovo spazio di 400 metri quadri del Vittoriano consente di esporre 240 opere invece delle 120 cui eravamo abituati e valorizza la grande sala, in cui un ballatoio guarda il piano sottostante. «È come se offrissimo due mostre in una - spiega Nicosia, presidente di Comunicare Organizzando -, evidenziando che i due artisti trovarono punti d’intesa sulla forma, mai sul colore».
In un’installazione Giorgio Albertazzi, nei panni di Matisse e Moni Ovadia, in quelli di Bonnard, leggono alternativamente lettere che narrano di un rapporto forte e costruttivo. E poi, ecco i paesaggi di entrambi con quella luce del Mediterraneo che, si legge nelle lettere, «fa strizzare gli occhi». Ecco la piccola sezione sulle vedute di Parigi, e poi il tema delle marine così caro a Bonnard con quel suo ultimo quadro con il mandorlo in fiore che, anche sul letto di morte, lui pensava a modificare nei colori. E più avanti, il quadro di Matisse con la citazione di quello stesso albero, in omaggio all’amico. Poi, i nudi a confronto, con la contaminazione tra pittura e grafica (metà e metà sono le opere esposte nella mostra), con quelle figure in cui Matisse si avvicina a Picasso e altre in cui supera questa suggestione, o quella in cui la donna nuda si lava che richiama Degas. Nella zona centrale, due imponenti opere si guardano: alto 5 metri, viene dai Musei vaticani il bozzetto per le vetrate di Saint Paul de Vence firmato Matisse ed è pieno di figure curiose il dipinto di Bonnard.

In tanti quadri di entrambi ricorrono le decorazioni orientali e il gioco degli specchi e delle finestre, della realtà-finzione, della prospettiva che annulla le regole e sfalsa i piani. Quel che cercavano, Matisse e Bonnard, lo trovarono con un’indagine comune, fatta anche di amicizia.

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