Come non concordare con Stefano Zecchi sul fatto che i professori debbono essere selezionati e valutati con rigore, e che la loro intoccabilità sia una delle cause del degrado della scuola?
Ma bisogna essere chiari. L'introduzione di severi criteri di valutazione e di premio del merito non deve accompagnarsi alla polpetta avvelenata confezionata dagli «esperti» scolastici «progressisti», i cui ingredienti sono: a) gli studenti hanno diritto al successo formativo garantito; b) i dirigenti scolastici debbono garantire la massima «customer satisfaction» (soddisfazione dell'utente); c) la qualità dei professori si misura dalla percentuale di successi formativi conseguiti. L'esito sicuro è che i professori, per non essere «bocciati», promuoveranno tutti.
Bisognerebbe piuttosto bocciare, con tanto di cappello d'asino, chi ha ideato un simile criterio di valutazione. Già oggi si moltiplicano i casi di ottimi insegnanti messi all'angolo dai dirigenti scolastici perché provocano problemi con le famiglie indignate perché i loro pargoli prendono brutti voti. E sarebbe meglio non prendere per oro colato quel che si fa all'estero spesso in scuole più disastrate della nostra, come quella inglese, che è specchio puntuale della «broken Britain».
Il rigore produce risultati se funziona a tutti i livelli. Ovvero: a) lo studente deve essere tenuto al massimo rendimento e non ha alcun diritto al successo formativo, che è una trovata demagogica il cui solo effetto è allevare persone irresponsabili (la diseducazione alla cittadinanza); b) i dirigenti scolastici debbono ricordarsi di essere insegnanti e non manager di una fabbrica di calzini; c) le famiglie debbono smettere di fare i sindacalisti dei figli; d) gli insegnanti debbono essere sottoposti a periodiche ispezioni e prove che valutino la loro preparazione e la qualità del loro insegnamento, debbono seguire corsi di aggiornamento e la loro carriera deve essere commisurata al merito.
Non sono peraltro d'accordo che il problema fondamentale della scuola italiana non sia l'aggiornamento dei programmi e dei percorsi formativi. Più che aggiornare si dovrebbe spianare a zero la paccottiglia pseudoculturale che si è stratificata per anni, producendo indicazioni nazionali e programmi che è imbarazzante leggere.
Sono proprio gli insegnanti seri e preparati ad essere penalizzati da questa situazione che non riescono ad accettare, mentre i peggiori si adattano felicemente alla pseudocultura e anzi ne diventano paladini.
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