da Roma
Un red light district capitolino? No, grazie. Oppure sì, forse, chissà. Magari con tanto di referendum, per lasciare ai cittadini la scelta se aprire anche a Roma una zona come il Rossebuurt di Amsterdam, anche se il popolare rione della capitale olandese non se la passa troppo bene.
Mentre un emendamento al pacchetto sicurezza propone la possibilità di allontanare, con il vecchio «foglio di via», le prostitute che lavorano «in proprio» per la strada, e il ministro dellInterno sponsorizza invece la proposta di creare «zone rosse», nella Città eterna ci si interroga sul futuro della professione più antica del mondo. Nessuno vorrebbe più vedere il mercato del sesso en plein air, anche in pieno giorno come sulla via Salaria. Ma i «rimedi» tentati finora, telecamere e controlli intensificati, sono serviti a poco. Il sindaco, Gianni Alemanno, ha una ricetta radicale. No a «parchi dellamore, perché sono contro gli zoo degli esseri umani», dichiara alla Stampa, indicando unaltra via: «La prostituzione in strada sia un reato». Se il primo cittadino confida che un intervento normativo possa mettere fine alle file di falò allaperto su strade e Consolari, anche il suo assessore alle Politiche sociali, Sveva Belviso, è daccordo. «Ma è una tematica delicata - spiega - e se il legislatore non introdurrà il reato di prostituzione in pubblico, bisognerà trovare delle alternative. Certo la situazione così comè non è tollerabile». E lidea di un quartiere a luci rosse non è scartata a priori dallassessore. «Non sono favorevole a riaprire le case chiuse o a inaugurare zone rosse in città, ma non ho pregiudizi, e possiamo valutare qualsiasi soluzione: immagino che per un intervento del genere si potrebbe ricorrere a una consultazione popolare. Non è un tipo di decisione che può calare dallalto». Ma parlarne ora, spiega la Belviso, è prematuro.
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