Dietro l’affresco spunta un ossario

Oltre 1200 corpi allineati in ordine, forse vittime di un’epidemia nel III secolo d.C.

Una base di intonaco bianco sulla quale si stendono alcuni frammenti affrescati. Da un lato, un gruppo di persone acclamanti, che dai tratti comuni, sembrerebbero appartenere a una casta. Dall’altro, due figure maschili, sedute su troni. Una ha l’aureola e tiene in mano un libro aperto, sul quale sono chiaramente leggibili solo poche lettere che compongono la parola «scrinium».
Questo affresco, datato tra il IV e il V secolo, è una delle sorprendenti scoperte fatte dagli studiosi della Pontificia accademia romana d’archeologia all’interno delle catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, in via Casilina. A causa di una grave infiltrazione d’acqua, nel 2003, si è aperta una voragine nel terreno sopra le catacombe.
Il successivo intervento archeologico, che sembrava un restauro di routine, ha portato alla luce una galleria, mai esplorata, probabilmente parte di un antico percorso di pellegrinaggio. A testimoniarlo sarebbero il rivestimento intonacale che segue quello delle gallerie già note, un lucernario e lo stesso affresco, che sovrasta un’ansa in muratura, nella quale dovevano essere nascoste delle reliquie, lo «scrinium» appunto, poi trafugate. In realtà, l’affresco ha custodito un altro segreto fino a oggi. Nelle rilevazioni eseguite tra settembre e ottobre 2005 e tra febbraio e marzo di quest’anno, gli archeologi hanno trovato l’accesso a una serie di ambienti funerari scavati nella pozzolana, interamente occupati da scheletri allineati, appartenenti a 1200 persone morte nel III secolo, in un breve lasso di tempo.
«Sono deposizioni straordinariamente curate - dice Raffaella Giuliani, ispettore delle Catacombe di Roma per la Pontificia accademia - che ricordano l’attenzione che i cristiani dedicavano alla sepoltura. I corpi sono stati tumulati uno accanto all’altro, in più strati successivi, separati da palanche in legno, come dimostrano alcuni fori nelle pareti. Gli scheletri non presentano tracce di morte violenta, potrebbe trattarsi, quindi, delle vittime di un’epidemia».
A sostenere questa tesi sono gli studi di un’equipe specializzata in archeologia delle fosse comuni del Laboratoire d’Anthropologie des Populations du Passè dell’università di Bordeaux, che partecipa alle indagini archeologiche grazie a una convenzione tra la Pontificia Accademia e l’Ecole Française.
«Dalle nostre analisi - spiega Dominique Castex, direttrice degli studi - risulta una netta prevalenza di donne giovani, seguite da uomini e, in percentuale minima, da bambini. I frammenti di tessuti e ricami in oro, uniti alle sostanze naturali, come l’ambra, presenti sui corpi, fanno ritenere che si tratti di esponenti di un ceto sociale medio-alto. Stiamo cercando di risalire al tipo di malattia, che potrebbe aver provocato un tale numero di decessi: potrebbe trattarsi di peste, vaiolo o tifo».
Sono diverse le testimonianze storiche che riferiscono di una terribile epidemia che, proprio in quel periodo, avrebbe decimato la popolazione dell’Impero romano, ma fino a oggi non erano state rinvenute testimonianze archeologiche.
«Questa lacuna aveva portato molti studiosi a ridimensionare l’evento - spiega la dottoressa Giuliani -. Se fosse provata la morte per malattia, quindi, ci troveremmo di fronte a un rinvenimento eccezionale, unico nel suo genere. È troppo presto, però, per escludere un collegamento con il cimitero della cavalleria imperiale, gli Equites singulares, che, all’epoca, sovrastava la zona. Gli ambienti rinvenuti potrebbero esserne una parte, sfuggita allo smantellamento di quello in superficie. Inoltre, non bisogna sottovalutare l’importanza e il significato dell’affresco.

La complessa iconografia, unita alle decorazioni pittoriche e architettoniche della galleria e degli ambienti, porterebbe a stabilire un collegamento tra le tumulazioni collettive e un successivo culto martiriale, che, come già è accaduto in altri casi, potrebbe fondarsi su basi leggendarie e non sulle reali cause di quelle morti ravvicinate».
Il giallo rimane aperto, almeno fino a settembre, quando dovrebbero essere resi pubblici gli esami sul dna batterico e sui numerosi graffiti incisi nelle pareti della galleria.

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