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«Dietro a quel sito c’è qualche 007»

Fabio Ghioni, 46 anni, è l’hacker più famoso d’Italia. Ex mente informatica del Tiger team, che proteggeva la rete della Telecom, poi scivolato in grane giudiziarie. Di pirateria e giochi sporchi dietro le quinte se ne intende. Ghioni ha messo in piedi «Hacker republic», una specie di contraltare a Wikileaks. Una comunità su internet di novmila membri, che vorrebbe diventare movimento di opinione.
Assange e Wikileaks fanno tutti da soli o c’è qualcuno dietro?
«Non scherziamo. È impossibile che facciano tutto da soli, come paladini della trasparenza. Basta dare un’occhiata alla mole di documenti raccolti e resi pubblici. Stiamo parlando di intere banche dati. Dietro a tutto c’è qualcuno interessato a fare uscire queste informazioni in maniera chirurgica e a senso unico».
Cosa intende dire?
«Quando solo pochi conoscevano Wikileaks, ricordo che Assange boccheggiava e non riusciva a pagare neppure le bollette del sito. Poi sono esplosi. Qualche servizio segreto deve essersi reso conto della potenzialità di uno strumento del genere per campagne di disinformazione e propaganda mirata. Questo non significa che i documenti rivelati siano falsi. Finora, però, sono usati a senso unico, contro l’Occidente. Una specie di schema stile “divide et impera” per seminare divisioni nei rapporti fra alleati. Mi sembra una tattica fin troppo chiara e mirata, che ha poco a che fare con la trasparenza».
Quali sarebbero i servizi segreti coinvolti?
«Esistono organizzazioni cybercriminali come Russian business network, che secondo documenti americani è collegata all’Fsb, intelligence russa. Non escludo neppure che ci sia lo zampino di qualche struttura occidentale. È significativo che Wikileaks non abbia mai pubblicato documenti della Cia, ma solo del Pentagono e del Dipartimento di Stato, per ora. Non penso che Pechino e Teheran passino informazioni ad Assange. Però è plausibile che un colosso come la Cina finanzi Wikileaks, senza farlo sapere, trattandosi di uno strumento che sta provocando caos nel cuore dell’Occidente».
È stato arrestato un militare dell’intelligence Usa come gola profonda di Assange. Può essere che ci sia solo lui?
«È impossibile, inverosimile. Probabilmente ci sarà più di qualcuno al Pentagono o al Dipartimento di Stato Usa, che ha passato documenti e informazioni pensando di migliorare il mondo con la denuncia di qualche magagna occidentale. Penso che le fonti idealiste di Wikileaks siano il 5%, ma non può essere il singolo a passare banche dati intere».
Costa molto una struttura come Wikileaks?
«Il costo è elevato e si potrebbe aggirare su milioni di euro. La storia delle donazioni è ridicola. Che il sito renda pubblici i bilanci e poi faremo i conti. Assange è sempre in viaggio e non bastano i punti Mille miglia. Da dove arrivano i soldi?».
Il fondatore di Wikilekas continua a presentarsi come paladino della trasparenza. Cosa ne pensa?
«Non metto in dubbio che abbia iniziato spinto da gradi ideali, che condivido, ma poi la faccenda gli ha preso la mano. Il sito stava per chiudere per mancanza di fondi, poi è resuscitato.

Mi piacerebbe credere che questa storia derivi da cittadini paladini delle libertà, ma purtroppo non è così».

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