Dietro le quinte di un maestro del teatro

«Wielopole Skrzynskie, piccolo paesino dell’est, con una grande piazza del mercato e qualche misera viuzza. Nella piazza la vecchia piccola cappella per i fedeli cattolici con la statua di qualche santo, e il pozzo presso il quale, per lo più con la luna piena, si svolgevano i banchetti per le nozze ebraiche». Così Tadeusz Kantor, uno dei maestri del teatro del ’900, descriveva il suo paese natale. A Kantor è dedicata la mostra «Wielopole-Wielopole. Dall’atelier allo spettacolo» (alla Casa dei Teatri fino al 26 marzo). Sessanta scatti in bianco e nero di Antonio Sferlazzo ed i diari di Luisa Passega mettono a fuoco e ricostruiscono l’esperienza del laboratorio tenuto dal regista polacco a Firenze nel 1980 nella chiesa sconsacrata di Santa Maria in Via per lo spettacolo Wielopole-Wielopole. Una sala è dedicata alla sua vita privata, alla genesi del suo immaginario teatrale: un viaggio che, attraverso fotografie dei luoghi e dei volti familiari, ripercorre le strade del paesino polacco Wielepole a cui il regista dedicò lo spettacolo omonimo. E Wielopole-Wielopole non fu solo un’esperienza artistica fondamentale per Kantor, che scrisse per la prima volta un testo di suo pugno, ma anche per gli attori italiani che ebbero la possibilità di collaborare con colleghi di diversa provenienza. I ricordi privati di Kantor si traducono quindi in nell’esperienza artistica, una messa in scena complessa, in cui, come scrisse il regista, «lo spazio della vita dimora accanto a quello dell’arte». Il 2 marzo alle 15.

30 la storica della fotografia Viviana Gravano, insieme ad altri relatori parleranno a proposito della fotografia di scena. Il 9 marzo, sempre alle 15.30, è previsto un incontro su «La classe morta», uno tra i lavori più noti di Kantor. Orario 10-17, ingresso libero. \\]

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