Il digitale fa ripartire l’italo-horror

Il progetto «Italian Masters» dell’Istituto Luce: offrire entro il 2007 nuovi progetti ai nostri maestri del genere, da Bava a Lenzi

Cinzia Romani

da Roma

Via la trippa, via i coltellacci col manico retrattile, i maestri italiani dell’orrore non faranno più le nozze con i fichi secchi, simulando sbudellamenti o evirazioni con l’abusata arte d’arrangiarsi, pur d’incutere terrore. Finita l’epoca delle polverose pellicole negli scatoloni, che rendeva faticoso e costoso produrre i film horror, cari al regista Quentin Tarantino (in brodo di giuggiole se sente parlare di Lamberto Bava o di Sergio Martino, re di paura), al cinema avanza il digitale. E produce un rinnovato amore per il genere, che ha in Dario Argento il massimo esegeta nostrano, tanto da risultare l’unico del Bel paese annoverato tra i «Masters of horror», dal titolo della serie Usa ideata da Joe Dante, John Carpenter e John Landis. In tale solco, dunque, ora s’iscrive «Italian Masters of horror», progetto dell’Istituto Luce, della Dania Film e della Film Commission Torino Piemonte, presentato ieri al Museo delle Cere di Piazza Santi Apostoli.
In sostanza, si tratta di affidare ai consumati mestieranti Umberto Lenzi, Sergio Martino, Lamberto Bava e Nicola Rondolino storie «nere» da sviluppare, entro il 2007, per immetterle sul mercato internazionale: dalla sala a internet, dall’edicola al noleggio, nessun canale di lancio rimarrà intentato. I nostri addetti ai lavori, dopo anni di pregiudizi e grazie all’imprimatur tarantiniano, adesso puntano sul genere horror. «Credo all’impostazione autoriale dell’Istituto Luce, che ho fortemente voluto, vista la rinomata tradizione del cinema italiano: maestri come Truffaut o Renoir hanno dichiarato il loro debito ai cineasti di casa nostra», spiega Luciano Sovena, amministratore delegato del Luce, qui nel ruolo distributivo. «Sarà una sfida, nei confronti del cinema pubblico, mentre quasi mancano i soldi per pagare i dipendenti», promette il manager. L’operazione è a basso costo (budget di cinquecentomila euro), con RaiTrade a gettar ponti all’estero, dato che l’horror è l’esperanto del cinema. Per dirla con Stefano Della Casa, presidente della Film Commission piemontese, «finora la critica italiana ha subito troppo l’influenza del neorealismo, per accorgersi dell’esistenza di un altro cinema».
«Mi intrigava confrontarmi con le nuove tecnologie, evadendo dalla censura televisiva: i registi non lavorano in tivù, se girano film violenti», dice Umberto Lenzi, classe 1931, che firmerà Horror Baby, storia realistica sul rapporto tra vittima e carnefice, con una quindicenne paraplegica al centro di inaudite brutalità… A Sergio Martino, invece, si dovrà Gli angoli della notte, incentrato su uno strano diciottenne, preso da incubi e psichiatri.

«Nel mio Dna c’è il fantastico e ben vengano gli effetti digitali, grazie ai quali ottengo l’effetto pioggia, semplicemente inzuppando gli abiti degli attori», scherza Lamberto Bava, coinvolto in Murder house, dove vedremo una villa, un musicista e tanti omicidi. Un pizzico di politicamente corretto, poi, ce lo metterà Nicola Rondolino, con il suo Fratellanza, dove tre bambini romeni immigrati a Torino, da morti si vendicheranno.

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