Al «dimenticato» Cancogni il Pen del ventennale

Il tempo alla fine ha dato ragione al talento. A 94 anni, Manlio Cancogni ha vinto il Premio «PEN Club» con la raccolta di racconti La sorpresa (Elliot). Cancogni ha trionfato con 401 punti, mentre al secondo posto si è classificato Luca Ricolfi con il libro Il sacco del Nord (Guerini e Associati) con 290 punti. Seguono Maurizio Cucchi con l’opera Vite pulviscolari (Mondadori): 270 voti; Andrea Vitali con La mamma del sole (Garzanti): 269; e Michela Murgia con Accabadora (Einaudi): 255.
Cancogni, grande star ieri nel borgo di Compiano, si è aggiudicato l’edizione del ventennale: il premio «PEN» infatti è stato inventato da Lucio Lami nel 1990. Nel ricevere il Premio, lo scrittore ha dichiarato: «C’è sempre una luce di fondo nei miei finali. Non esiste disperazione, che è un peccato mortale. Sono stato fortunato nella mia vita. Ora sono molto soddisfatto, di tutto».
Lucio Lami, presidente onorario del PEN Italiano e fondatore del Premio, ha aggiunto: «Il PEN ha il merito di aver offerto un riconoscimento a un grande scrittore che da troppo tempo veniva trascurato: i suoi racconti, scritti tra il 1936 e il 1993 e pubblicati oggi, lo hanno strameritato».
Il Premio Pen, fra i più importanti d’Italia, deve il suo successo alla sua formula «lo scrittore votato da scrittori»: viene infatti assegnato dopo che i 350 scrittori soci del PEN sono chiamati a votare con scheda anonima che viene aperta direttamente dal notaio il giorno della premiazione. Le opere - indifferentemente di narratori, poeti o saggisti - sono segnalate senza timori reverenziali per la fama o le promozioni di cui godono gli autori o l’autorevolezza dei loro recensori. Per questo il PEN è stato definito «l’antipremio».


Come ricorda un giornalista di lungo corso, ormai un habitué del PEN, molte cose sono cambiate da quando alla cultura è stato sostituito il mercato: «Ricordo quando il compianto scrittore Giovanni Arpino mi disse: “Oggi i grandi editori sono per buona parte sudditi degli esperti di marketing che avendo ottenuto importanti successi con i pomodori in scatola o le saponette, credono che anche i libri possano essere soltanto merce priva di qualità da vendere al pubblico non preparato”. Forse è per questo che molti editori sono adesso in crisi e si lamentano di dover assistere alla diffusione dei libri attraverso internet».

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