Aver lasciato che Mamdani gli desse pubblicamente del fascista, non solo è l'atto più liberale che Trump potesse fare, ma è anche l'atto più antifascista. Ricapitoliamo: due giorni fa Zohran Mamdani (nella foto con Donald Trump), neo sindaco socialista di New York e nuovo influencer della sinistra progressista mondiale, è andato in pellegrinaggio alla Casa Bianca. Alla corte del suo arci nemico Donald Trump. Perché è evidente che Mamdani non è stato eletto con un semplice mandato costruttivo - tipo sistemare i tombini di Manhattan o occuparsi di sicurezza - ma con un chiaro intento distruttivo: creare un'alternativa tra le macerie democratiche che possa scalzare il trumpismo dilagante. E così il giovane Mamdani, comprensibilmente agitato come uno scolaretto convocato in presidenza, si è presentato nello studio Ovale. Sia chiaro: non vorremo essere stati al suo posto e capiamo il disagio, memori di quando quello stesso studio divenne un ring di wrestling tra il presidente americano e il malcapitato Zelensky. Pochi secondi che sono diventati un perfetto reel di bullizzazione mediatica e globale. Ma questa volta le cose sono andate diversamente, perché Trump non è mai lo stesso Trump e - se ne facciano una ragione i custodi dei pregiudizi e del pensiero manicheo -, è un uomo dalla complessità spiazzante. Torniamo all'incontro.
Mamdani in piedi, Trump imperiosamente sprofondato nella sua captain's chair.
Una giornalista incalza il sindaco ricordandogli quando, non molto tempo fa, ha definito Donald come un "fascista" e chiedendogli se lo pensa ancora. C'è voglia di sangue nell'aria, le telecamere lo chiedono. Mamdani traccheggia. In un secondo si riavvolge velocissimo il nastro della rissa con il presidente ucraino. Ma ci pensa Donald a trarlo dall'imbarazzo: "Io fascista? Digli di sì, è più semplice che spiegare", afferma Donald assestando una vigorosa pacca sulla schiena a un Mamdani che inizia a vibrare come un diapason. Ma quella pacca sgretola un'intera narrazione che da Roma arriva a Washington e poi fa il giro del mondo. La fascioansia, l'ossessione per un fascismo che è stramorto e strasepolto, la sciatteria e la pigrizia intellettuale di una certa sinistra che bollina tutto con la lettera scarlatta di un'ideologia che non esiste più. E Trump, in pochi istanti, sbriciola anni di politologia capziosa che con complesse circonvoluzioni vuole ridurre ogni cosa a una stupida semplificazione. Perché pensare che tutto quello che non è di sinistra sia automaticamente fascista è, come ha detto Trump, semplice. Troppo semplice. Quando non si ha altro da dire e nessun ragionamento da elevare, la parola "fascismo" è il pulsante eject per fuggire da ogni confronto.
Trump, questa volta in veste da maestro di libertà, non ha voluto traslocare Mamdani fuori dalla sua comfort zone e ha dato a lui, e al mondo del progressismo, una grandissima lezione: potete anche chiamarmi fascista, perché non lo sono, e questa ne è la prova. Chiamasi liberalismo. Ditelo al socialista Mamdani.