Politica

Diritti e Islam: Turchia sotto esame

La Turchia ha pagato e sta pagando con molte vite il prezzo della sua voglia d'Europa, il suo coraggioso percorso di riforme, una importante vocazione alla moderazione e da ultimo i suoi buoni rapporti con Israele.
Una grande nazione musulmana, che si affida al governo della legge, coltiva ora un sogno europeo e pur di realizzarlo ha avviato processi di riforma importanti, un cammino di modernizzazione che guarda alle disuguaglianze per combatterle, ed alle libertà per esaltarle.
Eppure l'Europa, la nostra Europa che da tempo fatica a sognare, sembra voler guardare alla Turchia ancora con grande diffidenza. Attenzione: non vogliamo forzare i tempi di un negoziato che tutti hanno deciso fosse lungo e che è per sua natura complesso, anche per i cambiamenti che esso impone alla Turchia e conseguentemente per il gradualismo politico che li deve ispirare e guidare. È del 2004 l'analisi di impatto condotta dalla Commissione e del dicembre dello stesso anno la decisione del Consiglio Europeo di portare la data dell'eventuale adesione al 2014, al termine cioè del ciclo di programmazione finanziaria 2007-2013. E appena domani - 3 ottobre - dovrebbero incominciare negoziati di adesione che oltre ad annunciarsi complessi porranno sempre l'Europa nella condizione di esigere il rispetto delle condizioni poste pena l'interruzione o peggio la risoluzione del percorso di avvicinamento e compimento dell'adesione.
Ma nonostante ciò c'è ancora una parte d'Europa che stenta ad affidare all'attuale Presidenza inglese la responsabilità di avviare, domani, i negoziati con la Turchia.
Sono stati certo gli esiti crudi dei due referendum sull'adesione al Trattato Costituzionale, in Francia ed Olanda, a rendere più tiepidi governi ed istituzioni europee. Lo stesso Parlamento si è fatto interprete di questa improvvisa preoccupazione europea richiamando la Turchia alle «colpe della storia» (il genocidio del popolo armeno perpetrato dai militari ottomani nel 1915); e però ignorando la decisione del premier turco, Erdogan, di affidare coraggiosamente ad una commissione, cui gli armeni hanno tra l'altro aderito, il compito di far luce su questa pagina sanguinosa e bruciante del passato.
Quel che l'Europa non può e non deve è - paradossalmente - rinunciare proprio ora ad essere un protagonista attivo della politica internazionale e proprio nei confronti di chi guarda all'Europa come ad un modello di convivenza, di organizzazione, di libertà e benessere. Dobbiamo allontanare da noi stessi i fantasmi dell'egoismo e dell'ignavia.
L'Europa che spesso si racconta, nei documenti, come modello di tolleranza e di apertura, non può ridursi nei fatti ad essere un silenzioso spettatore, erede e solo erede delle libertà.
L'Europa non può non avere memoria: e dimenticare quanto la Turchia abbia contato nel costituire per noi una frontiera armata e coraggiosa contro il totalitarismo.
L'Europa non può rinunciare al suo presente ed alle sue responsabilità di fronte al futuro: prima di tutto quella di essere in prima linea nella battaglia contro il terrorismo assieme a quanti come e più di noi sono esposti alle minacce del fondamentalismo.
L'Europa deve guardare avanti, al suo avvenire ed al futuro di quanti guardino ad essa con ammirazione e amicizia.

È questa la Turchia oggi con la quale dobbiamo saper costruire un ponte di amicizia e integrazione: per pensare e agire in grande oltre il sogno dei nostri Padri.
*vicepresidente Ue

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