Diritti «Miracolo a Sant’Anna è un’opera approssimativa»

Una cosa è certa: al di là dei mezzi e degli attori in campo, «L’uomo che verrà» sarà un film completamente diverso da «Miracolo a Sant’Anna» di Spike Lee. Per sensibilità, stile, punto di vista, impasto antropologico. Tema delicato, quello delle stragi nazifasciste in Italia: lì quella di Sant’Anna di Stazzema (agosto 1944), qui quella di Marzabotto (settembre-ottobre 1944). E poco appetibile al cinema, come attestano i magri incassi ottenuti da «Miracolo a Sant’Anna», neanche 1 milione di euro, nonostante il clamore delle polemiche in prima pagina; in generale, di tutti quei film che hanno provato a riflettere su quel pezzo cruciale di storia patria, da «Sanguepazzo» di Giordana a «Il sangue dei vinti» di Soavi. Diritti stima il regista americano di «Fa’ la cosa giusta», ma in più di un’occasione, parlandone durante le riprese, ha voluto marcare un distacco, non solo estetico. Così: «Spike Lee è un bravissimo cineasta, ma l’unico obiettivo del suo film era raccontare il sacrificio dei soldati neri duranti la Seconda guerra mondiale in Italia. Tutto il resto era puro contorno, perciò non si è preoccupato di dire stupidaggini sulla realtà italiana. Forse non bisognerebbe girare film su cose che non si conoscono».

Diritti, invece, quelle storie, quelle facce, quelle contrade le conosce bene. I suoi contadini non parleranno inglese, bensì un dialetto antico, verosimile. Ma scommettiamo che anche su «L’uomo che verrà», alla fine, fioccheranno controversie politiche e storiche?

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