Un diritto assumere solo non fumatori

Azienda irlandese vince battaglia legale: il tabacco considerato un handicap

Manila Alfano

«Solo non fumatori cercansi». Alla Doctrom Directories hanno una precisa «strategia» di reclutamento del personale, idee chiare e soprattutto non amano perdere tempo. Ecco perché l’annuncio di lavoro di questo call-center irlandese è apparso così, senza giri di parole. Schietto.
Gli affezionati alle sigarette sono avvisati, validi o competenti si tengano comunque alla larga dalle selezioni, tanto non verrebbero presi in considerazione per nessun motivo. «I fumatori sono soggetti anti sociali e usufruiscono di troppi giorni di malattia», la motivazione dell’azienda. È l'ultima frontiera della lotta alla sigaretta. I fumatori come gente da ghetto. Li abbiamo visti nei giorni d'inverno prendere freddo e pioggia sotto i portoni delle aziende, come disperati fondamentalisti del vizio. Li abbiamo visti fumare in fretta, senza gusto, con lo sguardo afflitto dei drogati. Li hanno cacciati dai cinema e dai teatri, dai bar e dai ristoranti, dai treni e dagli aerei, come un popolo di viziosi in lista d'attesa per il suicidio. Ma nessuno, finora, aveva osato dire: chi fuma non lavora.
Ma intervistato ad una radio irlandese il direttore Philip Tobin ammette: «Se una persona fuma durante una pausa caffè, quando rientra in ufficio puzza. Lavoriamo in un ambiente piccolo e ciò renderebbe la situazione insopportabile per gli altri colleghi. E poi francamente, se questa gente ignora le avvertenze e l’evidenza, non ha il livello di intelligenza che noi cerchiamo. Fumare è idiota».
L’annuncio apparso a maggio ha suscitato ovviamente violente polemiche, tanto che la deputata europea laburista Catherine Stihler ha interpellato direttamente l’esecutivo europeo, in particolare il commissario competente Vladimir Spidla, ex comunista e soprattutto convinto anti-tabagista che le ha risposto per iscritto senza mezzi termini: «La legge europea anti-discriminazione proibisce la discriminazione in tema razziale o etnico, per età, orientamento sessuale o religione, un annuncio per un posto di lavoro che specifica “non si presentino fumatori”, non rientra quindi in nessuno degli ambiti citati dalla direttiva».
Il caso è chiuso. La commissione europea ne ha sancito la legittimità. Per la prima volta fumare diventa una discriminante per l’assunzione. Al tabagista viene così riconosciuto ufficialmente quello stato di paria nella società europea del ventunesimo secolo che fino ad ora si poteva solo, se pure chiaramente, intuire.
Prima del benestare dell’Ue, anche il governo irlandese si era espresso sul caso ritenendo che rispetto alla legislazione nazionale, la politica di assunzione «no-smoking» del call center è assolutamente a norma.
E i sindacalisti che ne pensano? «Mi sembra illegittimo già il fatto stesso di porre la domanda se si è fumatori o meno. Una cosa del genere credo sia semplicemente assurda. Non si possono discriminare i lavoratori sulla base del tabacco. Una vera e propria intromissione nella sfera privata.

È chiaro che l’azienda non voglia assumersi il carico di un dipendente che, in quanto fumatore, ha più probabilità di ammalarsi ma non mi pare questa il modo di tutelarsi», commenta Paolo Pirani segretario confederale Uil.

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