Disabile schiavizzato per elemosinare

Alessia Marani

La tecnica era sempre la stessa facendo leva su disagio e povertà: offrire un «sogno», dare la possibilità a chi, malato e indigente, avrebbe voluto finalmente poter condurre una vita normale. Un viaggio «della speranza» in Italia per pagarsi cure e un’operazione che, in realtà, non sarebbero mai avvenute. Nient’altro che un orribile stratagemma, invece, per arruolare nuova «manovalanza» da gettare sulle strade capitoline: disabili gravi che impietosendo i passanti avrebbero raccolto anche 100, 150 euro al giorno facendo l’elemosina.
I carabinieri, ieri, hanno arrestato altri tre aguzzini romeni, di 27, 28 e 41 anni, tutti accusati ora di riduzione in schiavitù ed estorsione. A Bodan (è un nome di fantasia) connazionale di 28 anni, a cui da tempo era stata amputata la gamba destra, si erano presentati come degli «angeli custodi»: «Vieni in Italia. Ti aiutiamo noi, per entrare non ci sono problemi. A Roma conosciamo chi ti può realizzare una nuova protesi e aiutare a ritrovare la serenità».
Bodan che conosceva già alcuni dei familiari dei tre in patria, si è lasciato convincere, si è fidato. Ha racimolato i risparmi di una vita, li ha consegnati nelle mani dei suoi «benefattori» e ha affrontato il lungo viaggio oltreconfine. Una volta a Roma la triste realtà.
Come prima cosa i tre balordi lo privano della vecchia protesi che utilizza per camminare, gli sottraggono i documenti, lo picchiano a sangue e lo tengono segregato nella baracca di un campo nomadi in periferia. È questo il loro benvenuto nella Città Eterna. Bodan viene letteralmente ridotto in schiavitù. Non può mangiare né bere senza il permesso dei tre che si occupano, invece, con cura di accompagnarlo ogni mattina in centro per fare la questua. Lo tengono continuamente sott’occhio perché il ragazzo, terrorizzato, non possa fare la minima parola con qualcuno, perché non gli baleni per la testa un solo istante l’idea di scappare via. Bodan passa così quasi ogni giorno tra via dei Condotti, via del Corso, piazza del Popolo e piazza di Spagna.
Esattamente com’era avvenuto tempo fa ad altri tre suoi compaesani (due senza una gamba e l’altro senza un piede) sbattuti a elemosinare nel tridente. Allora erano intervenuti i militari di via In Selci, coordinati dai magistrati della Dda, Direzione distrettuale antimafia, Diana De Martino e Italo Ormanni, a mettere fine al loro incubo, stringendo le manette ai polsi a due fratelli e a una coppia di loro complici, sempre romeni. I carabinieri allertati dai servizi sociali del comune a cui si erano rivolti alcuni commercianti della zona insospettiti dalla presenza di questi disabili guardati a vista da ipotetici «protettori», avevano filmato e seguito per giorni le mosse della gang. Riprendendo con la telecamere tutto il tragitto da una casupola di lamiere e sporcizia nella quale erano tenuti in condizioni igienico-sanitarie drammatiche a due passi dal Tevere in zona Flaminio, fino in centro. Ma le segnalazioni di disabili affetti da gravi menomazioni fermi ai semafori per chiedere l’elemosina arrivano da varie parti della città: dal lungomare di Ostia, all’Eur, sulla via Cristoforo Colombo all’altezza del palazzo della Civiltà.
«L’operazione dei giorni scorsi - spiegano invece i carabinieri del comando di piazza Venezia - nasce da una serie di controlli sulla galassia di disadattati, nomadi e minori che gravitano soprattutto in centro. I soggetti più deboli, dunque, e che più facilmente possono cadere nella mani della delinquenza, quella più semplice o organizzata. Abbiamo seguito i movimenti di Bodan, individuato i suoi “carcerieri”, alla fine ha confermato tutti i nostri sospetti denunciando i tre».


Prima il ragazzo è stato accompagnato in un centro di prima accoglienza gestito dal Comune, quindi affidato ai padri gesuiti. Mentre sono già state attivate tutte le pratiche necessarie presso il consolato romeno per il ritorno in patria.

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