Economia

In discussione il futuro del polo assicurativo torinese. Il riassetto dei fondi e le attenzioni dell’Antitrust. Le possibili contropartite per l’Agricole I nodi da sciogliere: sportelli e risparmio Le sovrapposizioni delle due reti distributive nel Nord

La difficile convivenza tra Eurizon e il partner dei milanesi Generali

Massimo Restelli

da Milano

Il «labirinto» Eurizon-Generali, la probabile lente dell’Antitrust sul risparmio gestito e le sovrapposizioni territoriali concentrare nel Nord Italia: malgrado il benestare «preventivo» ricevuto dai grandi soci e una governance sostanzialmente già definita, sulla strada che condurrà al matrimonio tra Banca Intesa e Sanpaolo-Imi emergono almeno tre nodi «industriali» da sciogliere.
A partire dal fronte della geografia territoriale dei due gruppi che per quanto abbiano un buon grado di complementarietà, secondo le prime stime emerse dalle case di analisi, potrebbero essere costretti a rinunciare fino al 10% della propria rete. Le aree più critiche appaiono Lombardia e Piemonte, accanto a Campania, Friuli e Val d’Aosta per un totale di 300-600 sportelli destinati a passare di mano rientrando così nel più ampio riassetto del credito italiano.
A decidere saranno probabilmente Bankitalia e Antitrust che potrebbe nutrire qualche perplessità anche sul fronte del risparmio gestito. Visto che Intesa ha mantenuto una partecipazione in Caam (l’ex Nextra) i cui fondi di investimento si troverebbero a convivere con quelli del polo finanziario costruito dal Sanpaolo attorno a Eurizon con ambizioni europee.
È, tuttavia, proprio il destino ultimo della società guidata da Mario Greco una delle più delicate incognite della fusione, soprattutto per quanto riguarda il ricco business della bancassicurazione. Dove Banca Intesa è legata a doppio filo alle Generali dalla joint venture Intesa Vita (7,8 miliardi i premi dello scorso anno) rafforzata da un fitto incrocio di partecipazioni azionarie.
Un rapporto che non potrà che essere confermato con l’esito di produrre un’evidente sovrapposizione con la controllata Eurizon Vita. Da qui la scommessa delle sale operative di qualche «ritocco» nel perimetro del gruppo, così da ricavare anche quell’«indennizzo» strategico che potrebbero domandare i francesi del Crédit Agricole in cambio della disponibilità a vedere la propria quota crollare all’8% (meno della metà del 18% attuale). I sindacati sono già in allarme ma da risolvere per l’amministratore delegato Corrado Passera potrebbe esserci anche la variabile occupazionale così da raggiungere i margini operativi dei principali concorrenti europei già inseguiti da Alessandro Profumo integrando Unicredit con la tedesca Hvb.
Piazza Affari ha comunque accolto la proposta di matrimonio (sabato pomeriggio i consigli dovrebbero avviare le trattative in esclusiva) con euforia.

A indurre il rialzo, per quanto si prospetti uno scambio carta contro carta, sia le sinergie attese (800 milioni-1 miliardo la stima) sia la possibilità di raggiungere quella massa critica (60-65 miliardi la capitalizzazione) che trasformerà l’alleanza tra Milano e Torino nel nuovo campione nazionale (20% la quota di mercato) e la collocherà al settimo/ottavo posto a livello europeo, compreso il presidio a Est.

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