Michele Anselmi
da Roma
In una fulminante striscia pubblicata su Ciak nei giorni della Mostra veneziana, Stefano Disegni si ritraeva perplesso, alle prese con una questione - come dire? - diplomatica. Per non creare guai alla direttrice Piera Detassis, chiamata a pilotare una sezione della nascente Festa, fingeva di autocensurarsi rispetto alla kermesse capitolina. Dunque, niente allusioni al Colosseo, al Papa, alla coda alla vaccinara, «ar Pupone» (Totti), specialmente a uno «di nome Walter il cui cognome fa rima con meloni e neuroni». Un mese dopo, eccolo pronto a sbizzarrirsi senza freni. Anche se, da verace «romano de Roma», Disegni, all'anagrafe Di Segni, si ritrova scisso sul piano del trasporto satirico: da un lato, dice, «provo un senso di orgoglio patrio, spero che la cosa riesca bene, anche se le date forse andrebbero ripensate»; dall'altro, concede, «non vedo l'ora di rosolare per bene star, personaggi e comprimari».
Ad esempio?
«Be', Leonardo DiCaprio in visita a Tor Bella Monaca (famigerato quartiere periferico, ad alto tasso di criminalità, ndr) non me lo perderò per nessuna ragione al mondo. Che gli fanno fare: le impennate col motorino? O lo portano al muretto? Puro Gangs of Tor Bella Monaca, la democratizzazione del glamour».
Altro esempio?
«Nicole Kidman con quella bella faccetta attonita e quel sedere mirabolante, che tanto apprezzammo in Eyes Wide Shut. O anche Monica Bellucci, luminoso prodotto nazionale. In tante vignette l'ho disegnata con un musetto da cagnetta, riferendomi alle sue qualità d'attrice. Pensavo che mi odiasse, invece quando ci siamo conosciuti ha addirittura ringraziato. Senza abbaiare. Davvero spiritosa. O ancora Sean Connery, l'ottavo re di Roma. Tra poco lo portano in trionfo al Circo Massimo, come nei giorni del Mondiale».
Su voi romani, niente?
«Il mio atteggiamento è il seguente: N'amo passate tante, passeremo anche questa. Naturalmente, sono incuriosito dalla Festa, so che sarà un successo, con tutti quei divi a spasso per Roma. Ma al sindaco chiedo di non dimenticarsi del resto. Abbiamo solo due linee di metropolitana, i servizi funzionano maluccio. Va bene, spendiamo pure tutti questi soldi, basta che non fermarsi alla vetrina».
Come seguirà la Festa?
«Caro mio, io abito a San Giovanni, l'Auditorium sta al Flaminio. Un viaggio, anche in moto. Vedrò quel che potrò vedere. Mica siamo al Lido di Venezia, dove stai dentro una vasca. Però che noia dopo una settimana. Non vedi l'ora di scappare».
Come vede Veltroni e Bettini?
«Come due ex ragazzi della Fgci cresciuti al Filmstudio. Walter è più facile da disegnare. Anche se prima o poi, come Morandi, dovrà trasformarsi in un cattivista per sfuggire al cliché. Bettini devo studiarlo. La stazza alla Ferrara o alla Welles mi interessa poco. Non gioco sul fisico. Lo vedo un po' come un mammasantissima».
Pace fatta con Moretti?
«Sì. All'epoca di Aprile se la prese un po' per una mia striscia. Quel film m'era sembrato stiracchiato, nutrito, per fare metraggio, delle cose più assurde. Il Caimano è meglio, solo che invecchia a vista: dieci minuti dopo sembrava già sorpassato».
La settimana prossima inaugura il suo sito personale.
«Ebbene sì. Un giochino un po' umorale. Si parte con Venditti, Placido, Benigni & Braschi (lei è un'autentica Yoko Ono), le Vibrazioni, Guttuso... Ma sono aperto al contributo dei lettori».
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