Il disegno di Cucchi è un’opera «globale»

Disegnatore accanito, l’artista mostra un mondo «rovesciato»: folletti che escono dai camini e città che spuntano dai capelli

È diventato una foresta di alberi esili e bianchi l’Atelier del Bosco di Villa Medici in questi giorni. Lo spazio è occupato fino al 21 aprile dalle opere di Enzo Cucchi, pittore, disegnatore, scultore e scenografo, che qui espone 130 piccoli disegni e alcune tele di grande formato: i primi disposti su sostegni filiformi che pendono dal soffitto della sala, le altre sulle pareti lunghe e in una struttura esterna ad hoc.
Esponente della corrente della Transavanguardia, come è stato definito da Achille Bonito Oliva il gruppo formato da Chia, Clemente, Paladino, De Maria e Cucchi, l’artista marchigiano riscuote successi da anni in Italia e all’estero, in forza di un’immaginazione e di una produzione feconde e diversificate. Sin dagli anni Settanta unisce la curiosità sperimentale di tendenza (per l’epoca) alle tecniche e ai generi tradizionali. Ieri come oggi una modalità d’espressione sempreverde come il disegno, altrove la scultura o la pittura, non si presenta da sola. In questo caso essa viene supportata, in senso proprio, da elementi che connotano lo spazio architettonicamente: non si tratta di commistione di generi ma sempre di un’opera globale. Una mostra dalla concezione tanto unitaria da tradursi in un’unica installazione. Sulla soglia della sala, già studio dell’inquietante Balthus, la prima impressione è che i disegni siano appesi su pali saldamente infissi a terra, in un fitto e rigido scandire lo spazio interno da parte dei pilastri minimali. Poi si entra e urtando appena uno dei sostegni lo si scopre mobile, sospeso e l’ordine mentale si scompagina. Quei fogli di carta ricordano un quaderno d’appunti disperso da una folata di vento. La visione è già frantumata in molte immagini, alcune tracciate con la biro che insiste e riempie ampie zone come si fa da bambini quando si vuole saggiare la qualità della carta di diventare morbida come stoffa; altre con la matita, il pennarello, l’acquerello in piccoli inserti di colore.
Disegnatore accanito che sembra non perdere mai il filo del discorso, di un discorso infinito come un’opera omnia e continuamente rimesso in discussione sul piano dei significati, Cucchi mostra oggi un mondo alla rovescia o in bilico: omini allampanati sollevano case, animali passeggiano sopra treni, intere città sorgono tra le chiome di una testa maschile, folletti dall’aspetto maligno si materializzano come fumo dal comignolo e chiuso dentro una casa un uomo guarda un foglio su cui è disegnato un albero. Teschi di vario formato sono piratescamente disseminati ovunque. Il discorso cupamente poetico di Cucchi si sviluppa con un vocabolario selezionato di elementi (alberi, case, figure irrigidite e fluttuanti o in caduta, eccetera), ricombinati tra loro in continui scambi di ruolo, in forme geometriche e rigide o fluidamente elastiche, comunque bidimensionali. La funzione del disegno di ordinare lo spazio e battere il tempo della creatività è ribadita dallo stesso artista: «il disegno è l’utensile cosmico che ti permette di orizzontarti, di trovare il tuo equilibrio (...) è il passo del tempo...». Ma è anche il luogo in cui si addensano le ombre, i fantasmi, «è la pozza dove casca l’asino», bacino di raccolta di idee da sviluppare, ancora fragili. I dipinti accompagnano la visita snodandosi lungo l’intera sala. Il repertorio figurale è lo stesso, acceso a tratti dal colore.

Un altro ambiente ospita un’opera che lo riempie quasi completamente; è infatti visibile solo dall’esterno, introduzione o conclusione dalla forte presenza materica che invade lo spazio.
Fino al 21 aprile all’Accademia di Francia di Villa Medici, viale Trinità dei Monti 1. Orari: da martedì a domenica: 11-19. Ingresso: 4,5 euro. Info: 066761291.

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