Barack Obama mette le mani avanti: «Ci vuole tempo, pazienza e fiducia» per una piena ripresa. Tre ingredienti che i 16 milioni di americani a spasso, la metà dei quali licenziati dalla recessione, faticano sempre più a trovare. La disoccupazione Usa è in aumento, fenomeno associato a questa recovery fragile come un cristallo che preoccupa la Casa Bianca quanto il Congresso, la Federal Reserve quanto le famiglie.
Il mercato del lavoro ha servito agli Stati Uniti un altro piatto indigesto in ottobre, con il superamento della soglia del 10% di disoccupati. Si tratta di un record poco invidiabile («Un numero che ci fa tornare con i piedi per terra», ha ammesso Obama): un 10,2% non veniva raggiunto dal lontano 1983. Le Borse ieri non se ne sono curate più di tanto. Dopo una prima reazione emotiva davanti a un dato peggiore delle attese, i ribassi sono infatti stati velocemente riassorbiti, regalando allEuropa una seduta tutto sommato tranquilla (a Milano il Ftse Mib ha ceduto appena lo 0,14%, ma il rialzo settimanale è stato superiore al 2%) e a Wall Street una chiusura in lieve rialzo (+0,17% il Dow Jones, +0,34% il Nasdaq).
Per quanto trimestrali positive possano aver contribuito a far cambiare umore ai mercati dopo un paio di settimane da depressione post-rally, lincapacità finora mostrata dalla Corporate America di generare occupazione avrebbe meritato miglior attenzione. Nel terzo trimestre il Pil Usa è tornato a crescere del 3,5%, e visto il recente rafforzamento del settore manifatturiero potrebbe espandersi nellultimo quarter del 4,5%. Le aziende, tuttavia, continuano a licenziare: in ottobre sono stati bruciati altri 190mila posti, 22esimo mese consecutivo di emorragia occupazionale, la serie più lunga da 70 anni. Dallinizio della recessione, i disoccupati sono arrivati a quota 8,2 milioni.
Le statistiche, per quanto brutali, non raccontano del tutto la verità. Se nel conteggio venissero inclusi anche quanti hanno smesso di cercare un impiego proprio perché hanno perso quella pazienza e quella fiducia cui si riferiva Obama, la percentuale salirebbe al 17,5%. È un tasso molto alto, che rischia di avere ricadute negative sui consumi privati, la benzina che per oltre il 70% alimenta il Pil a stelle e strisce. Un timore espresso mercoledì scorso dal numero uno della Fed, Ben Bernanke. Alcuni economisti, inoltre, sottolineano il pericolo di un nuovo scivolamento in recessione se i consumi non sostituissero gradualmente le spese pubbliche straordinarie.
Durante una breve conferenza stampa nel Rose Garden della Casa Bianca, il presidente Usa si è detto convinto ieri che «la ripresa ci sarà». Proprio per sostenere il settore del lavoro, Obama ha firmato il provvedimento da 24 miliardi di dollari che incrementa gli aiuti ai disoccupati, prevede incentivi fiscali per l'acquisto di case e garantisce sgravi fiscali per le imprese, un testo approvato dal Congresso con il voto di Camera e Senato mercoledì e giovedì. Ma il successore di Bush è in calo di consensi e ha dovuto inghiottire, proprio nel primo anniversario del suo insediamento nella Stanza Ovale, il boccone amaro del successo elettorale dei repubblicani in Virginia e nel New Jersey.
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