Come ampiamente messo in rilievo in tutti i mezzi di comunicazione, l'edizione di Madama Butterfly di questa sera non prevede l'esecuzione di uno dei suoi numeri più popolari, la melodia del tenore, Addio, fiorito asil. L'ufficiale di marina F. B. Pinkerton che ha sposato «all'uso giapponese» la geisha Cio-Cio-San, ritorna nel finale dell'opera, accompagnato dalla nuova e sterile Sposa americana, per chiedere il figlio avuto con Butterfly. Nella prima versione Pinkerton si limitava vigliaccamente a offrire dei soldi al Console americano, tornando solo quando il sipario si abbassava sul suicidio della protagonista che vuole evitare al figlio il rimorso del materno abbandono. Fuggito il vigliacco seduttore, la richiesta dell'adozione giaceva sulle spalle della signora Kate Pinkerton, la quale in questa versione originale ha una parte assai più rilevante delle poche e densissime battute che le rimangono dopo le tre revisioni. Essa non solo chiede il perdono a Butterfly ma le offre la mano. Vi prego - questo... no, risponde «con dolcezza» Butterfly. L'incontro fra le due donne era stato concepito dal librettista Luigi Illica in un altro contesto, in una sala del Consolato americano, dove il console Sharpless raccontava a Pinkerton, al glorioso seduttor / che ogni bella basisce / per suoi vezzi d'amor, i frutti del suo inganno, quasi commuovendo l'americano per quella sua fede imperturbata, intera / e quell'immensa cecità d'amor. Al consolato giungeva Butterfly folle di gioia, dopo aver visto l'arrivo della nave di Pinkerton, ma anche Kate, e di conseguenza c'era la drammatica scoperta delle nuove e definitive nozze americane. Questo atto fu cassato da Puccini già nel 1902. «Sai cosa ho scoperto?», scriveva Puccini a Illica, «che il consolato mi portava al fiasco». Una decisione che provocò una delle non infrequenti violente rotture fra Puccini e i suoi collaboratori (Illica e il drammaturgo Giuseppe Giacosa). Dispute e ripicche che toccava poi mediare all'editore Giulio Ricordi. Alla fine si faceva come voleva il musicista: «noi due sragioniamo sempre perché dopo le burrasche le più atroci succedono quasi degli idilli! E queste e questi ci condurranno alla Tomba! Più tardi possibile però!!». Segnaliamo che il regista Alvis Hermanis ha tenuto presente «l'intenzione iniziale di Illica di mostrare un ambito esplicitamente occidentale attraverso la scena del Consolato americano. Il desiderio di Butterfly di divenire una perfetta moglie americana (che si è manifestato in particolare nel suo tentativo di convertirsi al cristianesimo) si riflette qui nell'occidentalizzazione esagerata dell'arredamento della sua casa». Quindi quell'atto scomparso viene recuperato nella scenografia e nelle superstiti battute fra Butterfly e Kate, prima del suicidio.
Chi volesse approfondire e leggere tutto il quadro del Consolato, può approfittare del preziosissimo volume curato da Arthur Groos (Madama Butterfly Fonti e documenti della genesi, Lucca, Pacini Fazzi, 2005) che reca in exergo alcuni versi inviati da Giovanni Pascoli a Puccini, probabilmente dopo il fiasco scaligero del 1904: Caro nostro e grande Maestro, / la farfallina volerà; / ha l'ali sparse di polvere, / con qualche goccia qua e là, / gocce di sangue, gocce di pianto... / Vola, vola, farfallina, / a cui piangeva tanto il cuore; / e hai fatto piangere il tuo cantore...
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