Dissequestro confermato per i 67 milioni di Ricucci

Il «blocco» della somma aveva contribuito al fallimento di Magiste

da Milano

La Corte di cassazione ha confermato il dissequestro di 67 milioni di euro della Magiste International di Stefano Ricucci, che era stato disposto dal Tribunale del riesame di Milano. Contro la decisione avevano fatto ricorso alla corte i Pm del capoluogo lombardo, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti. La somma era stata sequestrata a Magiste dai publici ministeri milanesi il 25 luglio 2005 nel corso dell’indagine sulla scalata ad Antonveneta da parte della Bpi di Gianpiero Fiorani. A dicembre dello scorso anno il Gip di Milano, Clementina Forleo, aveva respinto la richiesta di dissequestro dei fondi avanzata dai legali di Ricucci.
Lo scorso 20 febbraio la decisione era stata tuttavia ribaltata dal tribunale del riesame di Milano, che aveva disposto la restituzione di 67,2 milioni a Magiste International, nel frattempo dichiarata fallita dal tribunale di Roma. Il legale di Magiste, Riccardo Olivo, ha espresso la sua soddisfazione «per una decisione che conferma la mancanza di giustificazione per il sequestro delle somme che non costituivano reato. A questo punto i fondi entreranno definitivamente nella disponibilità della curatela fallimentare di Magiste».
Allo stesso tempo Olivo non ha nascosto il rammarico per una decisione che «se fosse stata presa a tempo debito, avrebbe evitato il fallimento della società». Il tribunale di Roma aveva infatti ammesso Magiste al concordato preventivo proprio a condizione che riacquisisse la disponibilità delle somme sotto sequestro. E il mancato dissequestro da parte del gip Forleo indusse il medesimo tribunale a dichiarare il fallimento.


«Rispetto agli altri indagati nella vicenda Antonveneta - ha concluso Olivo - ai quali le somme sequestrate furono restituite già a marzo dello scorso anno, per Stefano Ricucci c’è stata una palese disparità di trattamento».

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