La diva bella e solitaria che conquistò i più grandi

L'attrice morta a 91 anni. Recitò con Monicelli, Risi, Leone e Antonioni. Poi la scelta di ritirarsi

La diva bella e solitaria che conquistò i più grandi

Lea Massari si è spenta lunedì a Roma. Aveva 91 anni. Il suo vero nome era Anna Maria Massatani. Attrice e modella, nel corso della sua carriera ha recitato per i registi più grandi, da Sergio Leone a Dino Risi e ai fratelli Taviani. Oltre trent'anni fa il ritiro dalle scene. Ieri si è svolto il funerale nella cattedrale di Sutri (Viterbo) in forma strettamente privata.

Come si può raccontare una donna e un'artista che si chiamava Lea Massari? Come si può descrivere la sua vita lunga conclusasi sull'isola del silenzio alla quale lei stessa aveva deciso di approdare? Novantuno anni belli e sofferti, un'epoca prima felice e improvvisamente buia con la morte precoce, feroce di Leone, l'uomo che le aveva regalato la prima, giovane speranza, i baci, l'amore, un'esistenza troncata da un incidente otto giorni prima di andare a nozze con Massatani Anna Maria. Decise, allora, che il viaggio di passione fosse già concluso, inutile proseguire come prima, in onore e memoria di Leone, dunque, scelse il nome di Lea per portarsi appresso quel respiro e quella speranza. Lea Massari e il miracolo della sopravvivenza, come lei stessa disse per spiegare la sorpresa quotidiana di essere ed esistere. Donna, femmina, non madre per scelta definita e definitiva, attrice, di cinema e di teatro, sensuale, elegante, discreta, di una raffinata prudenza nei rapporti, però capace di trasformare la solitudine in un sorriso aperto, solare, come la sua bellezza diversa e lontana da quella di altre colleghe, appariscenti, maggiorate, furbastre, arriviste, arrivate. Nelle ore nelle quali il cinema finge di mettersi a lutto per un comico figurante, ecco che il riflettore si accende chiaro sulla storia di questa splendida attrice che, come sanno fare i grandi artisti di qualunque opera umana, ha deciso di chiamarsi fuori in anticipo dal caos, dalla finzione scenica, dal brusio volgare che accompagna il mondo del cinema. Difficile, dunque, raccontare ai giovani che cosa sia stata davvero Lea Massari, signora assoluta delle scene, la sua voce leggermente avvolta dalla ruggine, i lunghi capelli e l'espressione dubbiosa e, assieme, inquietante, la trasformavano senza bisogno che pronunciasse una sola parola, l'ex indossatrice continuava a sfilare nella passerella esclusiva e privata della sua vita, lo sguardo era sufficiente a ribadire l'emozione, il film di Louis Malle Soffio al cuore, raccontava di un incesto e la pellicola venne censurata, sequestrata quasi date alle fiamme ma, è il ricordo personale, nella sala buia del cinematografo quella storia forte svelava un amore profondo, una sofferenza effettiva espresse in maniera formidabile da Clara-Lea. Molti i registi che ne intuirono la capacità di interpretazione, seducente, immediata, Monicelli, Antonioni, Bolognini, Sergio Leone, Dino Risi, Nanni Loy, Valerio Zurlini, i Taviani, Francesco Rosi, Bertolucci, René Clement, Claude Sautet, una lista eccelsa e privilegiata che conferma il censo d'origine della signora Massatani poi Massari. Dopo quell'amore fresco finito in modo feroce ebbe altri amanti e ne ricordava il passaggio, direi il passeggio, perché comunque nulla avrebbe potuto cambiare le pagine iniziali del suo diario con Leone. Anche il matrimonio con Carlo Bianchini, ex pilota di Alitalia, le aveva riservato nuovi cieli, una specie di liberazione dai sogni neri di adolescenza, Bianchini non era nemmeno geloso di tale donna bellissima e desiderata dal resto del mondo vivente, niente, nemmeno una parola, un rimprovero per uno sguardo ambiguo, niente assolutamente e questo l'aveva un po' spiazzata. Come la BB di Francia, amava gli animali e odiava gli uomini che non ne apprezzavano la sincerità, la natura semplice, senza differenza di stato sociale, appunto i cani o i gatti. Eppure la signora Lea amava anche la caccia, riferiva che nei bagagli era a volte compreso un fucile per andare a sparare fagiani e lo raccontava pure, come fosse un tiro al bersaglio al luna park. Strano, la sua alternanza, di sentimenti e di sensazioni, aveva provocato il mondo ingessato del cinema, Lea era una rompiscatole non facile a farsi convincere e acciuffare, semmai il contrario e allora arrivò il tempo, il giorno, l'ora in cui decise di spegnere le luci del set, via dalla pazza folla dell'arte, basta con registi e truccatori, fine dell'amore anche con il teatro, era l'86 quando accolse, per ultima, un'idea di Tonino Guerra, il romantico creatore, insieme con Ennio Flaiano, delle storie felliniane, Viaggio d'amore, il titolo giusto del film di Ottavio Fabbri tratto dallo scritto del poeta di Sant'Arcangelo di Romagna, il punto conclusivo, Omar Sharif l'attore compagno di scena, uguali gli sguardi profondi, di passione. Quarant'anni con il sipario chiuso epperò vissuti senza rancore o nostalgie, quel mondo da lei frequentato nulla più c'entrava con la sua sensibilità, con il suo interesse, il fascino intellettuale regalatole da Leone e poi dai registi citati, si era ormai perso, era evaporato nel consumismo filmico, molte le proposte, altrettanti i rifiuti, la Sardegna era l'approdo giusto per isolarsi, Roma proponeva la grande bellezza soltanto nell'Oscar di Sorrentino, la realtà era ben differente. Anche il suo definitivo ritiro dalla vita ha percorso lo stesso tragitto, il silenzio della morte, il silenzio del funerale, il silenzio della sepoltura, senza alcun annuncio pubblico.

Perché la sua è stata Una vita difficile, un'Avventura, un Soffio al cuore, una Prima notte di quiete, un Viaggio d'amore. Se ne è andata quasi seguendo l'opera teatrale di Indro Montanelli consegnata al cinema: I sogni muoiono all'alba.

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