Dividi e vinci, quando il gioco è questione di quantità

Confrontare le statistiche dei professionisti con quelle dei dilettanti è sempre utile, soprattutto in un periodo da giocate occasionali come quello del Mondiale di calcio. Bisogna precisare che la fonte sono i bookmaker, che tengono monitorati gruppi di giocatori ben precisi (che dei propri dati sono giustamente gelosissimi). L’insegnamento numero uno è che quelli «veri» non ragionano in termini di euro ma di unità, cioè di percentuali fisse del capitale: il valore assoluto cambia di giorno in giorno, in ogni caso quasi mai viene messo sul singolo evento più dell’1% del budget. Il numero due è che gli scommettitori professionisti nel breve periodo vincono in realtà pochissimo, quelli bravi in media sul singolo evento circa il 5% dell’unità. Dopo avere ponderato i pesi delle scommesse (una quota a 2,00 vale uno, le altre vengono espresse in rapporto) in modo da avere una situazione del tipo Over-Under, si nota che raramente ci sono bilanci annuali migliori del 55% (cioè, su 100 colpi, 55 vinti e 45 persi). La terza lezione, la più importante di tutte, è che i vincenti giocano tantissimo distribuendo il rischio su una quantità enorme di partite e situazioni. Ipotizzando di non cambiare mai la taglia della puntata, 250 scommesse con bilancio del 55% rendono poco più di 13 unità, circa come 50 scommesse con un irreale bilancio positivo del 65%.

Stiamo ovviamente parlando di professionisti al di fuori di circuiti sporchi o di risultati conosciuti in anticipo, quel tipo di giocatore che per il mercato è addirittura necessario per «fare la quota».
stefano@indiscreto.it

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