Il divieto di spiare i parlamentari e le scappatoie dei pm

La legge, la giurisprudenza, i parlamentari. Potrebbe essere il titolo di un film wertmulleriano. In realtà quelle tre parole disegnano il difficile slalom delle intercettazioni che spesso e volentieri finiscono dove non dovrebbero: sui giornali e in tv.
NON SI PUÒ INTERCETTARE

IL PARLAMENTARE
La legge è semplice e scoraggia il pm: il magistrato infatti deve chiedere alle Camere l’autorizzazione a intercettare il parlamentare. È chiaro che una norma del genere è invalicabile, più di una muraglia, perché la domanda farebbe svanire l’effetto sorpresa. La legge copre però solo una parte del problema. Al resto pensa e provvede la giurisprudenza che molto ha lavorato sul tema dell’utilizzabilità.
LE TELEFONATE INDIRETTE
E qui si entra nel campo delle telefonate, per così dire, indirette. Cosa succede se il pm, intercettando Tizio, capta la voce, tanto per non fare nomi, di Berlusconi o di qualunque altro parlamentare della maggioranza o dell’opposizione? «La giurisprudenza - risponde uno dei volti più noti della magistratura, Fabio Roia, giudice a Milano ed ex componente del Csm - distingue fra gli interlocutori abituali e quelli non abituali». Che significa? «Se sull’utenza di Tizio - riprende Roia - quel parlamentare compare in via eccezionale, una o due volte, allora quell’intercettazione può essere usata come prova al processo non solo contro Tizio, dato pacifico, ma anche contro il parlamentare». Se invece il soggetto ascoltato ha familiarità con quel parlamentare, le cose cambiano: «In quel caso si deve smettere subito di intercettare Tizio perché altrimenti si aggirerebbe di fatto la legge. Se io pm non posso mettere sotto controllo quel deputato, ma mi metto a registrare tutte le conversazioni del suo segretario, di sua moglie o di suo figlio, io ottengo lo stesso scopo, ma di fatto ho tradito lo spirito della norma. Quindi io pm devo staccare il registratore». Un po’ come la Procura di Milano ha fatto con Emilio Fede, dopo aver scoperto che si sentiva regolarmente con il Cavaliere. Naturalmente la procura può sempre chiedere al Parlamento l’utilizzo di quelle telefonate “captate”, diciamo così, per sbaglio perché non sapeva che quella persona avesse un legame stretto con il parlamentare.
L’UTILIZZABILITÀ, IL DEPOSITO E IL FASCICOLO DEL PM
Altro possibile titolo chilometrico, alla Wertmuller. Che vuol dire utilizzabilità? Tutte le conversazioni sono conservate allo stato grezzo, per così dire, nei brogliacci della polizia giudiziaria. L’ utilizzabilità passa attraverso la trascrizione che viene affidata ad un perito con tutti i sacri crismi. Le telefonate utilizzabili vengono dunque trascritte e depurate da eventuali errori in vista del processo, ma quelle grezze, quelle copiate dal maresciallo dei carabinieri, che fine fanno? «Entrano nel fascicolo del pm - spiega Roia - e il fascicolo del pm dev’essere depositato al momento della cosiddetta discovery, prima del processo. Insomma, anche se può sembrare un paradosso, ci possono essere brani di dialoghi che non sono stati trascritti perché non interessavano, né al pm e nemmeno alla difesa, che arrivano però ai giornali. È esattamente quel che è successo per le tre telefonate di Berlusconi nelle carte del Rubygate: sono fuori dal processo ma sono in pagina. Non dovrebbe sucedere. Capita.

Per prevenire eventuali fughe di notizie, le parti interessate, quindi gli intercettati, possono chiedere che queste carte, non necessarie per il dibattimento, siano distrutte in un’udienza ad hoc. Ma non sempre si fa in tempo. A volte una manina svelta le passa al giornalista amico e il gioco è fatto.

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