"Divismo, foto, locandine. Non sarebbe Hollywood senza un po’ di feticismo"

Il collezionista ha fondato la prima galleria dedicata all’arte della pellicola Ora pubblica un libro con manifesti dall’epoca del muto fino ai classici

"Divismo, foto, locandine. Non sarebbe Hollywood  senza un po’ di feticismo"

Un viaggio nella favola del cinema. Un’esperienza vintage, fatta di immagini e sogni. Di passioni e romanticismi. Sfogliare Hollywood - Manifesti del cinema nell’età dell’oro di Ira M. Resnick con prefazione di Martin Scorsese è come intraprendere un viaggio nel cinema del Novecento. Un viaggio nel firmamento delle stelle che hanno acceso i sentimenti di intere generazioni di spettatori e amanti della settima arte. Il merito è tutto di Ira M. Resnick, fotografo professionita, indomito collezionista, appassionato di cinema fino al punto da riuscire a vedere, con un suo sodale, fino a sette film nello stesso giorno. Cresciuto, Resnick ha fondato la Motion Picture Arts Gallery, la prima galleria dedicata esclusivamente all’arte della pellicola. Nel volume edito da Jaca Book (272 pagine, 283 illustrazioni e, in appendice, una preziosa guida per il collezionista) sono raccolti quarant’anni di locandine, manifesti, cartoline e fotografie, dall’epoca del muto fino ai grandi classici, dal Fantasma dell’opera a Casablanca, da Greta Garbo a Marylin Monroe che compongono una sorta di grande album di famiglia nel quale il lettore può tuffarsi, sicuro di emozionarsi.

Tuttavia, signor Resnick, come mai pur potendo frequentare le star di Hollywood grazie alla sua professione di fotografo, lei ha preferito collezionare le locandine dei loro film. L’affascina l’oggetto o la sua carica evocativa?
«Come scrivo nel libro, la mia passione per il cinema nasce prima di quella per la fotografia. Faccio collezione sia di fotografie d’epoca che di poster e sicuramente c’è un nesso tra le due cose. Molte delle mie fotografie più care sono legate al cinema, e non si tratta di soggetti astratti ma di rappresentazioni. Forse un giorno farò un libro contenente sia le mie opere che le fotografie che colleziono».

Il suo collezionismo è nato dall’amore per il cinema o sono stati questi manifesti a farla innamorare di Hollywood?
«La mia passione per questo tipo di collezione è nata insieme a quella per il cinema, cresciuta tramite i miei contatti con alcune star, registi e film. Essa si è sviluppata mano a mano che studiavo e mi appassionavo sempre più a quel mondo e in quel periodo ho capito che l’unico modo per portare con me un pezzo di cinema era di collezionare poster e immagini».

Sembra quasi una forma di feticismo...
«Il feticismo può spiegare parte di questa esperienza, ma in realtà essa è ad un livello più profondo dal momento che ho sempre continuato a “scavare” nella forma d’arte. Dopo 40 anni, la mia esperienza è ricca di approfondimenti e sentimenti e la mia collezione è lo specchio di ciò, come del resto si può vedere anche nel libro. I film sono diversi dalla vita reale, e tutti quelli che hanno cercato un amore da film con una persona reale possono attestarlo. Io ho cercato di distinguere queste due cose».

Comunque, lei riconosce che si tratta di un’esperienza irrazionale, soprattutto perché rivolta a divi distanti e alteri come per esempio quelli del cinema muto, i suoi preferiti. La loro irraggiungibilità li rende ancora più desiderabili?
«L’elusività delle star, anche dei nostri giorni, è sicuramente parte di questo fascino, se a ciò si aggiunge il fascino delle attrici di settanta o novant’anni fa, che saranno sempre giovani (forever young) e fatte apposta per il cinema, la fantasia diventa irresistibile quanto impossibile».

Si può dire che i manifesti e le locandine dei film rappresentino per un adulto un’esperienza analoga a quella delle fiabe per i bambini?
«Unendo a tutto ciò il tocco di fiaba che ci riporta alla nostra infanzia, e che si può notare specialmente nel look luccicante della cinematografia di Silent Film e nella perfezione degli studio degli anni ’30 e ’40, si entra in un regno di esistenza da sogno che può essere molto più che inebriante. I poster sono quanto di più vicino a quell’esperienza si può ottenere. Il setacciare e lo scegliere che ti permettono di ottenere esemplari sempre migliori, rendono questa relazione ancora più piena di significato».

Qual è l’immagine, la posa a cui è maggiormente affezionato e perché?
«Adoro l’immagine di Carole Lombard tratta da Love Before Breakfast, sebbene non ammetto la violenza verso le donne! Quello di Gilda con Rita Hayworth è invece quello che ritengo l’esempio perfetto di poster art. Anche l’immagine di Greta Garbo nei panni della Sfinge è una delle mie preferite e Mademoiselle Modiste è una delle più belle».

Ad un certo punto la sua passione è diventata anche un’attività commerciale con l’apertura della Motion Picture Arts Gallery che, però, ora ha lasciato ad un suo socio. Come mai?
«Possiedo ancora la Motion Picture Arts Gallery. Il mio direttore esecutivo, Joe Burtis, la dirige per me da circa vent’anni. Si tratta di un’impresa commerciale, ma per me essa è anche la finestra per mantenermi aggiornato con i collezionisti e che mi permette di trovare i pezzi migliori per la mia collezione personale, che è il vero motivo per cui è nata la galleria nel 1982».

Nell’era di internet e della globalizzazione, che spazio c'è per questo tipo di collezionismo?
«I poster sono un portale per entrare nel mondo di un particolare film. Certamente devono essere rappresentativi, ma devono anche saperti portare in un nuovo mondo che ti rimanda al regno del film. In questo universo di Internet, la carta è ancora una dose di realtà che mi piace.

Chiamatemi antiquato, ma adoro tenere in mano un giornale, una fotografia o un poster, ma allo stesso tempo mi piace approfittare delle meraviglie del ventunesimo secolo. Quindi, non credo che il mondo moderno sia d’ostacolo al collezionismo. Anzi, siamo in un equilibrio perfetto nella realtà spazio-temporale».

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