Milano - «Avevo adottato tutte la cautele possibili per mantenere la privacy e sono, quindi, molto amareggiata e dispiaciuta che, il giorno dopo, la vicenda sia apparsa sulla stampa. Nessun giudice della mia sezione, né la cancelleria, né i miei familiari erano al corrente della pendenza del procedimento né sapevano quelli che sarebbero stati i miei impegni di sabato pomeriggio».
Così il giudice Gloria Servetti, presidente della sezione famiglia del tribunale di Milano, commenta l’insuccesso dell’«operazione privacy» organizzata intorno alla pratica più delicata di cui il suo ufficio si deve occupare da molti anni a questa parte: l’istanza di separazione avanzata da Veronica Lario (ma agli atti ovviamente la signora compare con il suo vero nome, Miriam Bertolini) nei confronti del marito Silvio Berlusconi. La prima udienza, fissata per sabato pomeriggio, doveva tenersi nel segreto più assoluto: e invece è approdata praticamente in diretta sulla prima pagina del Corriere della Sera.
Secondo quanto reso noto dal quotidiano milanese - e indirettamente confermato dal giudice Servetti nella sua dichiarazione all’agenzia Ansa - l’udienza si è tenuta nel pomeriggio in un locale della prefettura, in corso Monforte, messo a disposizione dal prefetto Lombardi. La location era stata scelta proprio per tenere le parti al riparo dalla curiosità dei media: ma l’affollamento di auto blu e guardie del corpo davanti al palazzo del governo ha messo una cronista del Corriere sulle tracce dell’evento.
Fin dalla fine dello scorso novembre, quando si erano diffuse le prime notizie sul deposito dell’istanza di separazione da parte della moglie del premier, si era aperta la caccia ai dettagli dell’atto. Non era neanche chiaro quale tribunale fosse stato scelto per depositare l’istanza, se Monza (competente per Macherio e Arcore, le due residenze consuete dei Berlusconi) o se Milano, la città dove il Cavaliere ha il domicilio anagrafico. La dottoressa Servetti aveva respinto qualunque richiesta, «non confermo né smentisco che vi sia in questo ufficio un’istanza con questi nomi, noi proteggiamo la privacy di tutti allo stesso modo». Ora si ha la conferma che il tribunale scelto è quello di Milano, e che l’istanza è stata in realtà depositata secondo procedure assolutamente eccezionali: direttamente nelle mani del capo dell’ufficio, senza passare per le cancellerie, e tenuta in un cassetto (o, più verosimilmente, in cassaforte) dalla stessa presidente Servetti fino al momento dell’udienza.
L’udienza, dice il Corriere, è durata cinque ore, comprensive dei venti minuti dedicati al faccia a faccia tra i due coniugi, che da tempo non avevano occasione di incontrarsi. Sempre secondo il quotidiano, le posizioni sarebbero rimaste distanti: da una parte la richiesta della moglie di un vitalizio di 43 milioni annui; dall’altra l’offerta del marito di un assegno di due o trecentomila euro al mese, sostenuta da un memoriale in cui vengono ricostruiti gli ingenti «atti di liberalità» compiuti da Berlusconi a favore della consorte nel corso dei vent’anni di matrimonio.
La distanza, come si può vedere, è ampia, e il percorso della pratica si annuncia lungo. Sabato non sono stati chiesti provvedimenti immediati (visto che nessuno dei coniugi versa in ristrettezze né vi sono figli minori da tutelare), quindi il presidente Servetti si è limitato a un primo esame degli atti e a un primo confronto, dopodiché l’udienza è stata rinviata per dare ulteriore tempo a marito e moglie di tentare un accordo.
Se questo non sarà possibile, verrà nominato un giudice istruttore che formulerà una proposta da sottoporre poi all’approvazione del tribunale: saranno tre giudici, a quel punto, a stabilire a quali condizioni economiche verrà scritta la parola fine alla love story tra Silvio e Veronica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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