Politica

IL DNA DEL REFERENDUM

Non me la sono sentita di raccomandare pubblicamente di non votare essendo un membro del Parlamento e dunque uno che ha votato. Ma come privato cittadino non andrò a votare e invito chi non la pensa come me a leggermi prima di decidere. Ho deciso di scrivere quel che penso dopo aver letto Giovanni Sartori che, sul Corriere della Sera, ha scritto una terrificante sequela di scempiaggini ficcandoci persino quella che a lui sembra l’irrilevante differenza fra il codice genetico umano e quello delle scimmie. Non si può non reagire, mi sono detto. E poi mi ha convinto anche il fatto che Rutelli si sia deciso anche lui per il non voto. La mia opinione è che Rutelli vada sostenuto e incoraggiato, non per indurlo a passare dall’altra parte, ma perché è già dall’altra parte e rischia di essere riacciuffato dal gorgo illiberale. Ma il motivo principale per cui mi sono deciso sono io. Quando cambiamo idea nella vita e ci ricordiamo il prima, il dopo e il perché, abbiamo anche il dovere di mettere a disposizione degli altri la nostra esperienza. E allora ricordo che quasi mezzo secolo fa mi iscrissi alla facoltà di medicina ed ero uno spensierato abortista convinto che fosse progressista negare la qualifica di essere umano a quel «grumo di cellule». Poi studiai genetica ed embriologia e mi apparve fulmineamente chiaro ciò che non sapevo: e cioè che ogni essere vivente, uomo, batterio o sedano, ha un suo unico codice a barre. Questa unicità è senza eccezioni. Ogni io è un io unico e perfetto da subito e ha un'unica occasione per vivere. A me la mia non me l'hanno negata, e io non voglio che sia negata agli altri. La Chiesa non c’entra, si può essere perfettamente atei e capirlo: un codice a barre con cromosomi umani è un uomo. L’infinitesima piccolezza significa soltanto che ha bisogno di essere difeso perché chiunque lo può far fuori. Ma la sua umanità è perfetta: è un uomo o una donna, ama la musica, non sopporta i gamberi, ha un tic al mignolo, i capelli castani, è allergico alle graminacee. Quell’essere umano non può urlare, non può telefonare alla polizia e non può rivolgersi a un avvocato, ma non è una cavia. Non è una catena di montaggio per pezzi di ricambio. Aver capito ciò mi ha cambiato la visione del mondo, della vita e della morte. E penso che la legge che molti vogliono abrogare sia piena di difetti ma che vada salvata facendo fallire il quorum. E che poi vada restaurata. Sartori non sa che le varietà umane, impropriamente dette razze, differiscono per pochi invisibili aminoacidi nella catena del Dna. E che non soltanto gli esseri umani sono distinti da ogni altro essere vivente, incluse le scimmie, ma che ogni singolo io è un universo unico e irripetibile. Per questo, del resto, siamo liberali e amiamo la libertà: perché non vogliamo essere massificati in grandi numeri dal momento che a ciascuno di noi compete soltanto un numero uno, cioè unico. Dunque va salvato in nome della legge il principio della limitazione delle operazioni possibili sugli embrioni, che sono come noi e che non sono affatto delle potenzialità che si realizzano soltanto se e quando verranno al mondo. Ciò è biologicamente falso e moralmente egoista, cioè cattivo. Infatti l’influenza dell’ambiente è quasi nulla, perché ognuno è se stesso da subito e non secondo come e dove verrà fatto crescere. E allora si vede anche perché questo referendum spacca la politica. La spacca non perché abbia a che vedere con la religione (semmai la religione ha complicato le cose inserendo l’anima come un software ritardato, prendendo l’idea in prestito da Aristotele) ma perché ha a che vedere con le divisioni fondamentali dell’etica, della morale e dunque anche della politica come morale, perché divide gli egoisti utilitaristi da chi difende il principio del rispetto per l’altro, quale che sia la sua statura e il suo peso. La sinistra in genere è utilitarista, ma anche la cosiddetta destra è divisa fra opportunisti e chi ci tiene a distinguere sempre il bene dal male, il vero dal falso, il bianco dal nero. Ecco, tanto dovevo a me stesso e a chi mi legge.
p.

guzzanti@mclink.it

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