Le memorie della marchesa Claudia Patrizi (Quegli anni), pubblicate postume da Mursia (pagg. 270, euro 18) a cura della figlia Francesca, non richiedono commenti, ma solo citazioni. Con una prosa nervosa, irriverente, brillante, questa signora della nobiltà privilegiata ha fissato sulla carta i momenti della sua storia personale - ma anche della Storia con la esse maiuscola - fino alla disfatta italiana nella Seconda guerra mondiale e allirrompere degli angloamericani. Ecco nei suoi ricordi la marcia su Roma.
«Le prime squadre, le vidi sfilare sulla via Nomentana alle quattro del pomeriggio, dal terrazzo del bagno dove, in due ranghi distinti, si erano riuniti la mia famiglia e il personale di servizio. Le vedevo avanzare inneggiando a una vittoria non combattuta, tra due ali di cittadini inermi, verso una breccia già aperta da altri, alla conquista di una città che non opponeva resistenza: giovani, uomini maturi, sessantenni, indifferenziati da quel passo di marcia a testa alta e fare dinoccolato incontro a un raggio di sole sbucato allora allora... un sole che fra tutti quei labari, gagliardetti, sciarponi, cespugli di barbe e di capelli, in tutto quel luccichio di stivali, medaglie, denti doro negli antri delle bocche spalancate, pareva sgusciare con superiore indifferenza».
Claudia Patrizi e il marito Lorenzo, invitati dallambasciatore Bernardo Attolico, vedono Hitler a Berlino nel 1937: «Per me lincontro col Fuehrer, seppure da lontano, rappresentava lemozione derivante da un primitivo istinto di ferocia che proviamo al comparire delle belve in un circo, quando più del senso sportivo ci attrae il rischio del domatore, quindi linconfessata speranza duno spettacolo di sangue. Lodore del sangue il Fuehrer doveva portarselo addosso. Mi bastò vederlo nel fondo dellimmensa sala, le mani piccole, alla luce di un riflettore esageratamente bianche, come passate alla pomice, tuttintorno una raggiera di svastiche acciaio su nero che lo facevano somigliare al compare dun lanciatore di coltelli. Di lì a poco cominciò a parlare. Lorenzo mi aveva detto tu che sai il tedesco traduci. Non mi fu possibile. Allimprovviso, mentre parlava e la sua voce aspra echeggiava nellaula, ebbi limpressione che un cataclisma minacciasse la terra.
La marchesa Patrizi era davvero una scrittrice.
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