Queste pagine avrebbero dovuto ospitare, oggi, un faccia a faccia fra i due candidati alla presidenza della Provincia di Milano: il presidente uscente, Filippo Penati, del Pd, e lo sfidante, Guido Podestà, del Pdl. All'ultimo momento questo confronto all'americana è saltato. Uno dei due candidati si è tirato indietro. Guido Podestà, direte sicuramente voi. Sono giorni e giorni e giorni che il candidato del centrosinistra accusa il suo rivale di viltà perché non accetta un faccia a faccia televisivo. E invece no. Pensate. È stato Filippo Penati stavolta a scappare a gambe levate. E dopo attenta riflessione. L'ex sindaco comunista dell'ex Stalingrado d'Italia (Sesto San Giovanni) dopo avere, in mattinata, assicurato la sua presenza, ha fatto chiamare nel pomeriggio la nostra redazione dal suo portavoce che ha testualmente dichiarato: «No, questo confronto non lo facciamo più, non ci sposta niente, non ci cambia niente». Arrivederci e grazie.
Eppure il tanto richiesto e voluto confronto era ad armi pari: stesse domande ai due candidati, stessi spazi per le risposte e i titoli; stessa grandezza delle due fotografie. Nessun tranello, tutto limpido, tutto semplice. Anche le domande non potevano incutere timore; erano facili, facili. Erano domande concrete. Del tipo: che farà per i rifiuti? E per la sicurezza? E per i rom? E per l'Expo? E per la mobilità?
Perché allora Penati se l'è data a gambe? Secondo me per un motivo molto semplice: il vuoto della sinistra, che alle domande concrete non sa che cosa rispondere.
È facile andare avanti in campagna elettorale a suon di slogan, di frasi fatte, di battute. Penati è uomo di mondo e di salotto, se la cava benissimo da questo punto di vista. Il problema è quando bisogna scendere nel dettaglio, quando si hanno alleati (pochi, pochissimi ma necessari e quindi fastidiosi) che la pensano diversamente da te.
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