"Domande & risposte" sul Csm

Qualche chiarimento a Bartolomeo Romano (Pdl), membro laico del CSM

Roma - «Il Csm non può entrare in scelte politiche. Non è una terza Camera». Il consigliere laico Bartolomeo Romano (Pdl), Ordinario di diritto penale a Palermo, è al Csm da 8 mesi e ha un’idea chiara di come vorrebbe che il Consiglio cambiasse.
Parla di interferenze attraverso pareri del Csm sulle leggi, come quello richiesto da Alfano sullo smaltimento dell’arretrato civile?
«Ci sono i pareri e altri strumenti. In questo caso il Guardasigilli ha sollecitato un parere e lo daremo secondo il principio di leale collaborazione. Ma senza una richiesta del ministro, per me, il Csm dovrebbe astenersi. I membri del Consiglio possono dare giudizi, naturalmente, ma non coinvolgendo l’intero organo».
E gli altri strumenti usati in modo improprio?
«Le pratiche a tutela dei magistrati, non previste da legge o Costituzione, ma dal regolamento interno del Csm. Ne chiediamo l’abolizione. Troppo spesso servono solo ad elevare il livello di tensione tra Consiglio e soggetti politici. Mentre il nostro obiettivo, come ha chiesto il nostro Presidente, il Capo dello Stato Napolitano, è di abbassare i toni, evitare le polemiche».
L’ultima pratica è stata in difesa del pm De Pasquale criticato dal premier.
«Appunto. Se il magistrato si ritiene offeso può adire tutte le vie legali previste. Ma è sbagliato coinvolgere un organo come il nostro in questioni politiche».
È necessaria la riforma annunciata dal governo che vuole modificare radicalmente il Csm?
«Da quando, nel 1989, l’Italia si è data un processo tendenzialmente accusatorio è diventata essenziale la separazione delle carriere tra pm e giudice: quest’ultimo deve essere terzo e imparziale rispetto alle parti, lo diceva anche Giovanni Falcone. Due carriere vuol dire due Csm o due sezioni autonome dell’organo. La politica deciderà sulla riforma, ma per me il pm dovrà essere assolutamente autonomo dall’esecutivo. Tanti magistrati con i quali ho parlato, anche se spesso non lo dicono apertamente, sono della stessa opinione. Anche nel Csm non è un’ipotesi priva di consensi, spero non solo tra i laici, ma anche tra alcuni togati».
Lei ha appena votato contro l’applicazione del giudice Vitale in un processo al Berlusconi. Perché?
«Non comprendo perché si voglia “obbligare” il magistrato, che reiteratamente si è detto contrario, ad occuparsi della vicenda, ora che è in altro ufficio. Mi sembra che si sia forzato quanto in astratto, e per tutti, deciso dal presidente del tribunale e dalla nostra circolare, che vieta le applicazioni in caso di processi di non breve svolgimento.

Il processo è appena iniziato ed è prossimo alla prescrizione: cosa sarebbe cambiato? La Vitale sarà in imbarazzo di fronte a qualsiasi decisione. Un’altra occasione persa per evitare il sospetto di usare due pesi e due misure».

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