Europei 2008

Domenech: "L’Italia? Mi piace solo se esce..."

L’antipatico di Francia che ha scontentato tutti. La federazione transalpina attende l’occasione per mandarlo via. L’ombra di Deschamps sulla sua panchina

Domenech: "L’Italia? Mi piace solo se esce..."

Zurigo - Se a Baden si piange, nel ritiro dei francesi non si ride. È la vecchia storia di Sparta e Atene trasferita ai giorni nostri. Con il condottiero Domenech vicino a chiudere il suo ciclo sulla panchina dei Bleus, anche se stasera dovesse far fuori l’Italia. È una vigilia piena di dubbi, quella del ct transalpino, e tutto ciò fa uno strano effetto. Raymond si è sempre mostrato sicuro di sé, non ha mai lesinato provocazioni (soprattutto nei confronti degli azzurri, con i quali ha giocato tante volte nel corso della sua esperienza da ct) e spesso ha peccato di eccessiva presunzione.

Il suo europeo è però vissuto sul filo del rasoio. Soffocato dal conflitto generazionale all’interno della sua rosa (giovani contro vecchi, come dimostra il pesante diverbio tra Makelele e Benzema, il più odiato dai compagni, ma non da Ribery, che lo ha preso sotto la sua ala protettrice). E probabile vittima delle sue scelte, con l’esclusione discutibile di Mexes e Trezeguet dalla rosa dei 23, la conferma di alcuni senatori che ora è pronto ad accantonare, l’ostinazione a voler tenere in Svizzera l’acciaccato Vieira. Mai utilizzato, nemmeno stasera contro l’Italia, stando agli spifferi di ciò che Domenech ha provato ieri sotto la pioggia sul campo di Chatel Saint Denis. «Ho ancora dolore alla coscia, ero abbastanza sicuro di giocare la terza partita. Ora non so quando rientrerò» il chiaro messaggio dell’interista. Diventato un vero e proprio caso: era difficile il recupero dall’infortunio muscolare e il ct si era cautelato convocando Flamini, rimasto però nell’eremo del Mont Pelerin solo 72 ore.

Così i dubbi non rendono tranquilla la vigilia di Domenech più difficile da quando quattro anni fa – promosso dall’Under 21 – prese le redini dei Bleus. E come Lippi per Donadoni, su di lui incombe l’ombra di Deschamps, capitano nella Francia campione del mondo nel ’98 e d’Europa nel 2000. È lui stesso a confessare a Le Monde che sarebbe un grande onore diventare un giorno ct dei galletti, pur tifando perché Domenech stasera faccia l’impresa. E non aiutano le dichiarazioni di circostanza del presidente della federazione Escalettes, che si dice pronto a rispettare l’accordo fino al 2010 stipulato con il tecnico («questa è la verità di oggi») pur consapevole che l’opinione pubblica ha già messo Domenech sulla graticola. Non gli dirà mai «dimettiti» ma magari spera, in caso di eliminazione precoce, che sia proprio il ct a fare il primo passo.

«Se è la mia ultima conferenza da ct? Sicuramente è l’ultima domanda che mi fa», risponde gelido al cronista francese che lo stuzzica sul futuro. E anche in questa occasione ironizza: «Non so perché mi diciate sempre che io odio l’Italia e gli italiani, io amo il sole, il mare e la cucina italiana». E aggiunge: «Se uscissimo sia noi che gli azzurri, piangeremmo in due e sarebbe la prima cosa che faremmo insieme».

Ieri Domenech ha provato due formazioni distinte, ma la sensazione è che l’ultima carta se la giocherà puntando su una mezza rivoluzione: bocciature eccellenti, guardando soprattutto alla carta d’identità, e fiducia alla nuova guardia. Difesa ritoccata per metà: a rischiare è più il Thuram colabrodo dell’Olanda che non il Gallas sofferente a una caviglia (Abidal potrebbe essere il centrale), ma resterà fuori anche Sagnol a favore di Clerc. E in base al modulo (il ct non sa se affidarsi al 4-4-2 deludente della partita con la Romania o al 4-2-3-1 dominato dall’Olanda) arriveranno le altre scelte. Nessuno è più intoccabile, tranne Ribery (provato nella posizione di mezzo sinistro) e Henry, forte dei suoi 45 gol in 101 partite. Rischia Makelele (ma sembra difficile che il ct rinunci alla sua esperienza e tecnica), sicuramente fuori Malouda e dentro il Benzema pomo della discordia, che nella prima gara ha steccato e nella seconda non si è nemmeno visto.

Saranno le mosse giuste? Donadoni e l’Italia sperano di no.

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