Domenech: "L’Italia? Trucca le partite e compra gli arbitri"

Il tecnico sconfitto nella finale mondiale lancia accuse al calcio nostrano e alla Under 21. Ma si scorda degli scandali di casa sua

Domenech: "L’Italia? Trucca le partite e compra gli arbitri"
Raymond Domenech ha memoria lunga. E acida. Ha dovuto ingoiare un paio di bocconi dall’Italia, piccola e grande, Under 21 e A, ha perso le finali, i «ritals» o «macà» come ci chiamano quelli che mangiano le rane (etichetta made in England), gli hanno tolto la gloria. Adesso ha deciso di scaldare l’ambiente, l’8 settembre è data storica, per cose più serie in verità di una partita di pallone. Lo sta diventando per Italia-Francia, appuntamento di ritorno, dopo le botte subìte dagli azzurri a Parigi, valido per le qualificazioni all’Europeo: «In Italia arrangiano le partite, dovremo stare attenti all’arbitro. Mi piace il calcio italiano, lo adoro, loro hanno in testa un’idea ben precisa: giocare per vincere. E hanno sempre giocatori eccezionali. Materazzi è stato l’uomo del Mondiale. In finale ha fatto gol, ha fatto espellere il migliore degli avversari (si è espulso da solo, mon cher Raymond, ndr) ha trasformato il calcio di rigore, ha segnato di testa, è stato il migliore in campo. Venendo al calcio italiano gli scandali arbitrali non li ho certo inventati io. In passato in Italia ci sono state partite truccate. Per esempio mi ricordo un Francia-Italia under 21 per le qualificazioni ai Giochi di Sydney, con un arbitro comprato. Quando certe cose succedono una volta, rimane sempre il dubbio. Nel calcio italiano ci sono accordi...».

Queste belle parole monsieur Domenech le ha dette a Le Parisien e ovviamente hanno fatto il giro di Parigi, della Francia tutta, passando il Monte Bianco e arrivando in Italia. Qui la federcalcio ha pensato bene di non replicare, Abete non si sbilancia per i «cazzari» che rifiutano la nazionale (non è da codice, lo ha sentenziato un tribunale), figuratevi dinanzi alle frasi di un allenatore straniero e rivale. Sta di fatto che Domenech ha la memoria lunga per quello che gli è andato di traverso ma l’ha smarrita per i fatti che lo riguardano da presso.

Non era lui uno dei prodi dipendenti calciatori del Bordeaux, vincitore della coppa di Francia e presieduto da Claude Bez, ormai scomparso? Non era costui, Bez appunto, finito in prigione per avere portato via denari pesanti alle casse della società girondina? Non era Bez con il suo amico croato Barin ad avere corrotto, con prostitute, orologi, fucili da caccia, gli arbitri nazionali e internazionali? Non fu lui a far risultare come trasferimenti miliardari modeste operazioni di calcio mercato, per poi garantirsi il surplus? Non ha avuto il calcio francese casi di partite comprate? Bernard Tapie e l’Olympique di Marsiglia, la sfida taroccata con il Valenciennes, altre affini, non dicono nulla al responsabile tecnico della nazionale vice campione del mondo? Non è mica finita qui.

Potrei citare il coraggioso Rolland (con due elle, suo padre decise così dicendo «volerai più in alto degli altri!» ndr) Courbis, pendolare tra una prigione e l’altra, accusato e condannato di corruzione, sempre in ambito calcistico, quando era direttore generale del Tolone? E Marcel Leclerc, ex presidente del Marsiglia non sfuggì all’arresto per frode? Proseguo: Roger Rocher era il superpresidente del Saint-Etienne, epoca di Platini e Johnny Rep, epoca d’oro dei «Verdi». Finì anch’egli al gabbio per un bilancio fasullo, soldi in nero, omaggi a signore e signori, amici e parenti?

Tutto questo non per fare match pari con Raymond Domenech ma soltanto per segnalare che il pallone è rotondo ma spesso la testa è quadra. Merci et à bien tôt.
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