Don Giovanni seducente Ma non conquista tutti

Don Giovanni seducente Ma non conquista tutti

Un giovanotto in smoking che pare scappato da quella sovraffollata fiera di piccole vanità che sono i ridotti e i corridoi della Scala durante la serata d’inaugurazione, salta sul palcoscenico e con un guizzo strappa il sipario. Nel frattempo il maestro Daniel Barenboim ha dato l’attacco allo straordinario avvio della sinfonia del Don Giovanni. In realtà l’aitante figuro è il protagonista che, imprendibile e camaleontico per definizione, salta dentro e fuori dalla scena nel corso di tutta l’opera. E si cambia di continuo: tuxedo, abito d’epoca cremisi, vestaglia di seta, capo spalla a quadretti, sempre tallonato da uno stand appoggia-abiti.
La trovata d’ingresso del regista Robert Carsen non è una novità, come quasi tutte le soluzioni della sua minimale messa in scena: il fondale a specchio, i siparietti volanti che riproducono quello scaligero, le sedie approntate per le esequie del Commendatore, durante il quartetto Non ti fidar, o misera. Questa è una delle più vistose licenze drammaturgiche che il regista ha apportato al testo.
Molto meno affascinante la cacciata all’inferno delle tre coppie alla conclusione del sestetto finale. Tutti colpevoli: il fin di chi fa mal sono gli abissi infernali. Sembrerebbe però anche un’apoteosi del «dissoluto», il quale, mentre gli altri sprofondano, ritorna sul fondoscena e si fuma una sigaretta. Chiediamo soccorso alle note di regia, dove ci è dato di sapere che il Don è ateo e non crede nell’al di là. Forse è tutto una sua proiezione.
Per non dimenticare il dominante tema erotico, vista l’atmosfera generale tendente al lugubre e al sonnolento, non sono mancati spogliarelli e palpeggiamenti delle Signore, le quali durante le arie solistiche si svestono come spinte da irrefrenabile allergia al costume. Ma sono strip a freddo. Magnifico invece quello integrale di una serva-figurante che il Don si gode mentre il servitore Leporello indossa i suoi panni. Qui conviene passare agli interpreti vocali che citeremo in ordine di apparizione, stante la coralità dell’opera, con buona pace delle imprecisioni reclamistiche della vigilia che hanno privilegiato Donna Anna su tutto il cast. Leporello si presenta in tuta da Cipputi (Notte e giorno faticar) e il suo robusto interprete, Bryn Terfel, non ha fatto nulla per farci dimenticare il suo umile stato di servitore, non evitando sottolineature grevi e pesantezze. Preceduta dalle trombe promozionali, Anna Netrebko (Donna Anna) ha sfoggiato il bellissimo colore della sua voce. Meno convincente nei recitativi a causa della nebbia nella fonazione. Più attento a piegare la pronuncia non madrelingua, il baritono Peter Mattei, artista sicuro e puntuale, ma libertino un po’ burocratico. Sul fatto che Don Giovanni abbia conosciuto biblicamente Donna Anna, Carsen non ha dubbi. Il Commendatore, infatti, trova la figlia a letto in sottoveste. A Kwangchul Youn non rimane che sfidare, con autorità scenica e bel timbro vocale scuro, colui che gli ha forzato la figlia. Infilzatosi sullo stocco del nolente Don, muore. Le altre sue sortite, compresa quella funerea, fra le autorità nel palco reale, erano ben scolpite.
All’accorrere del promesso sposo, Giuseppe Filianoti (Ottavio), la fedifraga Anna opera una rimozione, opportuna quanto improbabile. Ottavio invece ci crede e si conferma un ruolo dalla resa ingrata, perché la sua figura di aristocratico imbelle e per di più manifestamente cornuto, desta scarsa simpatia. Filianoti, favorito dalla naturale cordialità della sua dizione, ha perso la «sua pace» fra le maglie di una tessitura a lui scomoda, mantenendo però il contegno del ruolo. L’altra voce italiana era quella nota di Barbara Frittoli, cui toccava difendersi nelle vulcaniche sortite di Donna Elvira. Anna Prohaska (Zerlina silfidea) era vigilata dall’amante Stefan Kocan (Masetto) che brandiva tonitruante voce e schioppo.


A dipanare la sublime matassa, sul podio, il maestro Barenboim ha seguito la sua natura d’interprete teso al drammatico e muscolare, con riflessi sul percorso narrativo e sull’insieme esecutivo. L’evento di Sant’Ambrogio è sempre un po’ contrastato. Questa sera l’opposizione tra Bene e Male si è limitato a direttore e regista. E così sia.

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