Donò il seme per la fecondazione Il giudice: ora deve mantenere i figli

Carlo Sirtori

Hai donato lo sperma? Ora paga gli alimenti. Sembra una battuta, e invece è una condanna. Definitiva, per di più, in quanto emessa nientemeno che dalla Corte suprema di Stoccolma.
A volte la passione fa brutti scherzi. Una distrazione, una debolezza o, peggio, una condotta poco responsabile e la tua vita cambia per sempre. Sì, perché un giorno sei single, senza legami, libero come l’aria, mentre quello dopo fai parte di una categoria completamente diversa, che manco ti sognavi. Niente da fare, non puoi più nasconderti: che ti piaccia o meno, ormai sei papà. E gli amici a darti pacche sulle spalle...
Peccato che l’unico passo falso fatto dallo svedese Igor Lehnberg sia stato di mettere, tredici anni fa, una firma su un pezzo di carta. Neanche la soddisfazione di una notte sfrenata: Igor, allora ventiseienne, ha donato il seme a una coppia di lesbiche sue amiche e connazionali. Le due donne si amavano, sembrava che fossero destinate a rimanere insieme per sempre. Tanto che, con lo sperma di Igor, tra il 1992 e il 1996, hanno dato alla luce tre bambini. Ma l’amore non sempre dura, e nel 2001 Anna Bjurling, madre naturale del tris di pargoli, viene piantata in asso dalla compagna, ritrovandosi con tre figli a carico.
Allora si ricorda del vecchio amico, tanto generoso quando si trattava di donare. Il seme, beninteso. Non è che magari il buon Igor ha anche voglia di donare qualcosa d’altro, un piccolo contributo per esempio - mensile possibilmente - al mantenimento dei piccoli? Ma Igor non ne vuole sapere, ha ormai 35 anni e una vita sua, che non contempla minimamente ulteriori dimostrazioni di magnanimità. Tocca dunque andare in tribunale.
La querelle legale dura quattro anni. Tre gradi di processo. E infine la stangata finale: la Corte suprema mette un termine al litigio accogliendo le ragioni della mamma. Anna ha vinto rivendicando l’esistenza di un accordo con il donatore, in base al quale quest’ultimo avrebbe promesso di contribuire al mantenimento dei nascituri. Ma Igor non ha mai smesso di sostenere davanti ai giudici che l’unico accordo intercorso tra lui e la sua amica, nonché futura madre dei «suoi» figli, era quello di un totale disimpegno. In realtà, sembra che l’incauto benefattore sia stato tradito dalla firma di un documento in cui riconosceva di essere il padre biologico dei tre bambini, cosa che, tra l’altro, Lehnberg ha sempre ammesso durante i vari processi. Cosa che, però, non ha niente a che vedere con la volontà di pagare gli alimenti.
D’altra parte, i tribunali svedesi non sono nuovi a questo genere di sentenze: nel 1986, una giovane donna aveva accettato di affittare l’utero a una coppia che non riusciva ad avere figli. Poi, dopo il parto, si era decisa, com’era suo diritto, a tenersi la neonata. Ma dopo la morte del padre biologico, che non aveva mai visto la figlia, si era rifatta viva con la famiglia dell’uomo.

Ed era riuscita a ottenere per la sua bambina, riconosciuta dalle corti svedesi quale «discendente» del defunto, una quota dell’eredità.
Anche Igor Lehnberg, che però, per sua fortuna, è vivo e vegeto, dovrà dare del suo per mantenere ciò che ha «seminato». D’ora in avanti, infatti, scucirà una somma equivalente a circa 250 euro mensili.

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