Donadoni: «Così ho inventato la coop Livorno»

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Franco Ordine

«Non esistono segreti né formule magiche: la nostra squadra è una vera e propria cooperativa. Tutti partecipano per la loro quota». Quel tecnico gentiluomo di Roberto Donadoni, l’uomo che parla sottovoce al Livorno, ha il dono della concretezza e dell’umiltà. Non vende fumo, non inventa neologismi, non fa nemmeno il ruffiano nei confronti della curva rifondaiola confessando le simpatie personali per il patron del Milan Silvio Berlusconi e racconta di questa squadra giunta, a sorpresa, ai margini della zona Champions league con semplicità. «Non c’è neanche un divo tra noi, perché Lucarelli non si comporta da tale» chiarisce.
Limiti di età. Squadra di vecchi e di giovani debuttanti, si dice. «Mica vero» smentisce Donadoni che è uno dei suoi abilissimi assemblatori. «Di stagionati ne abbiamo due, Ruotolo che ha 38 anni, e Balleri con i suoi 36 anni, gli altri sono tutti dentro la media» scandisce ancora Donadoni che ha a disposizione una rosa standard, sono in 24 compreso il terzo portiere. Anche nel modulo non c’è niente di rivoluzionario: 3-5-2 con particolare cura dei binari laterali, rinforzati durante l’ultimo calcio-mercato. «Ho provato ad esaltare le qualità del gruppo» segnala il bergamasco che vive fuori Livorno, a Tirrenia, il suo buen ritiro, dove è possibile concentrarsi sul lavoro senza lasciarsi contagiare dal circuito del tifo.
In economia. Squadra fatta in economia, secondo il primo precetto di Aldo Spinelli, il presidente, entrato in rotta di collisione con il suo capitano per avergli ceduto il fratello, Alessandro, alla Reggina e per aver ritirato da Reggio Calabria il brasiliano Vargas. Mossa azzeccata, fin qui. Gli altri acquisti, Lazetic in testa, hanno costi imbarazzanti per le cifre del settore: 10mila euro. Gratuiti un paio di prestiti, come l’interista Coco o lo juventino Palladino, già finito nell’under 21, infortunato, da recuperare con l’anno nuovo. Anche gli stipendi sono in linea: il top è Cristiano Lucarelli, con i suoi 800mila euro, seguito da Vargas con 500mila, Ruotolo è fermo a 70mila, Balleri a 100mila. Anche Donadoni sfiora la zona retrocessione tra i suoi colleghi con 250mila euro più un premio salvezza. Persino la struttura societaria, agile e snella, rivela le caratteristiche uniche. Dietro Spinelli, una coppia collaudata, Nelson Ricci, il ds col tuttofare Signorelli, in segreteria Bini, tutti a stipendio. Gli altri sono volontari: come il team-manager, ex capo degli ultrà, Nassi, dirigente accompagnatore.
I riciclati. Un tempo fu Verona la capitale dell’usato sicuro, adesso è Livorno. «Abbiamo preso dal Palermo Morrone per il centrocampo, con i suoi 4 gol ha dato un bel contributo, al centro ho schierato Passoni che sembrava perso, poi abbiamo scommesso su Coco. Francesco è migliorato ma deve ancora lavorare molto, spero che gli elogi incassati non gli facciano perdere l’orientamento, si deve applicare di più. E se questo mio giudizio dovesse ferirlo, vorrà dire che non ha capito cosa lo aspetta. Si sta adattando al nostro calcio ma può dare di più» è il franco ragionamento di Donadoni. Viva la faccia e la sincerità. Come a proposito di Amelia, il portiere rivelazione autore di prodigi distribuiti lungo il corso di questa splendida cavalcata, tra colpi di fortuna e inattese conquiste (Palermo, Udine). «Viene da una scuola eccellente, la Roma: ha avuto come allenatore Negrisolo, io lo feci giocare subito in B, sono andato via ed è stato sballottato tra Parma e Lecce, sono tornato, gli ho ridato fiducia, ha un buon fisico, è abbastanza completo tecnicamente, ogni tanto fa il “romano” e allora bisogna intervenire energicamente» la descrizione di Donadoni. Che adesso può andar fiero anche di Pfertzel, un francesino, in gol a Palermo, proveniente dalla serie C addirittura.
I complimenti. Da Berlusconi a Galliani, da Ancelotti a Tassotti, i complimenti del Milan sono sinceri. «Li ho sentiti, sono amici veri. Invece di sciogliermi, io penso a quel maledetto Pirlo e alle sue punizioni diaboliche» interviene Donadoni che sull’argomento ha una spiegazione tutta sua. «Non credo che sia merito esclusivo del pallone, conta anche il modo con cui Pirlo calcia». Perciò da oggi a Tirrenia il Livorno lavora sodo. Per evitare le vertigini da alta classifica.

«Lo so che battere il Milan vorrebbe dire raggiungerlo, ma sono sufficientemente sano di mente per sapere che se andiamo in campo con la testa all’Europa, ne prendiamo 5» chiosa Donadoni. Adesso si capisce perché dietro il fenomeno Livorno c’è un gentiluomo, capelli sale e pepe, che parla sottovoce a quei matti di Livorno.

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