Capita di stare in fila all'aeroporto, aspettando un check-in eterno, con l'aereo che già rulla al di là delle vetrate. Capita di stare in coda lungo la tangenziale, o imbottigliati nel raccordo anulare, con l'orologio del cruscotto unico ad accelerare velocissimo. In questi precisi momenti, l'essere umano non avverte nulla di elevato. Nessun afflato, nessuno slancio verso l'alto. Solo pensieri truci e pulsioni omicide. Ma è in una qualunque di queste situazioni, quando l'uomo moderno ha cacciato via da sé anche le più larvate forme di poesia, che la poesia può coglierlo alle spalle. Il suono inconfondibile del messaggino in arrivo, la nervosa pressione sul tasto «apri», la sorpresa che scompagina e dissolve gli stati d'animo più sanguinari. «Nel fruscio di un bacio infinito...».
È l'amore ai tempi del telefonino. Quattro righe, non di più. Versi distillati. Essenza di poesia. Forse è la nascita di un vero e proprio genere letterario. Forse. Al momento, è una raccolta firmata da Loriana Lana, autrice di canzoni, madre di tre bambini, da un paio d'anni sodale creativa del duo Berlusconi-Apicella.
Come le sia venuta, a 38 anni, da signora sposata, quest'idea di scrivere componimenti specifici per corteggiamenti e «pucci-pucci» da telefonia mobile, l'autrice lo spiega quasi con candore: «Io ho fatto studi classici e compongo versi da sempre. Ma sono anche una grande appassionata di tecnologia e informatica. Così, di fronte a questo grande fenomeno della comunicazione sul telefonino, mi sono detta: perché non prenderci una pausa, ritagliarci un'oasi, per comunicare anche amore, con il famigerato e onnipresente sms?».
Il libro - «Sms diVersi» - sarà presentato oggi a Roma. Ma già le prime poesie cominciano a circolare: la sterminata tribù del pollice rapido se le sta girando con il solito passaparola senza tregua e senza confini. Se diventerà anche questo un nuovo fenomeno, faremo in fretta a scoprirlo. Al momento, c'è da chiedersi se sia cosa per teen-ager da ponte dei lucchetti, oppure strumento amoroso anche per generazioni attempate. «Mi fa dire una cosa scontata, ma non posso evitarla: io credo che tutti, a tutte le età, abbiamo bisogno di qualche pausa e di qualche momento lieve, da vivere in qualunque luogo e in qualunque situazione». Però c'è il rischio di volgarizzare la poesia, un ramo artistico molto elevato: «Aggiungo un'altra risposta banale, ma doverosa: tutto quello che viene dal cuore ha pari dignità. Siano quattro righe, sia la Divina Commedia». Però l'accuseranno di inseguire la furbata commerciale: «Questi versi nascono in buona fede. Se poi ho sbagliato, ho sbagliato in buona fede».
Forse è il caso di chiuderla qui, con i però. Meglio dedicarsi all'identikit di questa pioniera della poesia post-moderna. Per capire da dove è partita, prima di arrivare alla poesia prêt-à-porter. Romana, pronipote di quel Giggi Zanasso storico che s'è visto intitolare una via di Trastevere, Loriana Lana comincia nel modo più singolare: «Al liceo, sui banchi di scuola: per ricordare le poesie, mandavo in musica Leopardi e Carducci...». Poco dopo, le prime canzoni, per i cartoni animati giapponesi. «Una passione da sempre, scrivere canzoni. La mia fortuna? Aver trasformato la passione in una professione a tempo pieno». Ancora giovanissima si trasferisce ad Asti per lavorare, o meglio per imparare, accanto a Paolo Conte. «Lo devo a lui, se questo mio sogno si è realizzato». Più avanti, i primi lavori di successo. Scrive la colonna sonora della fiction «Lulù», con Mariangela Melato. Lavora al fianco di Ennio Morricone per «L'amore può», raccolta tradotta in quattro lingue, cantata da Ami Stewart. Nel 2003 è a Sanremo con Iva Zanicchi, che canta la sua «Fossi un tango». Paroliera da sempre, Loriana Lana confessa di non perdere mai occasione per musicare. «Anche se questo in fondo è un gioco: lavorando al fianco di certi personaggi, non mi definirei mai musicista...». Ama le melodie. In attesa di sfornare il nuovo album della Zanicchi, confessa pure per quali altri cantanti le piacerebbe scrivere: «Tra i giovani, gli Zero Assoluto. Tra i senatori, Massimo Ranieri».
Suo malgrado, però, rompe i confini del giro musicale un paio d'anni fa. Alla presentazione di un libro, incontra il musico Silvio Berlusconi. «Una cosa da non credere. Gli dico: presidente, io compongo canzoni. E lui: allora siamo colleghi. E aggiunge: potremmo fare qualcosa insieme. Rispondo: guardi che la prendo in parola. Così, in seguito, butto giù alcune cose e gliele mando. Lui le vede, le mostra ad Apicella, e alla fine ci ritroviamo nel disco. Il pezzo di punta è Tempo di rumba. Ormai è uscito da un anno». Non finisce lì, mi pare. «No, il sodalizio continua. Scriviamo al cinquanta per cento». Curiosità: come si scrive al cinquanta per cento? «Ha ragione. Mi spiego. Io scrivo mie idee e poi gliele mando via mail, o per fax. Il presidente, nottefonda, ci lavora sopra con Apicella e poi mi rimanda il testo». Dica la verità: pochi margini di intervenire ancora, sulla seconda versione...
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