C’è un dio delle piccole cose che si chiama consapevolezza, la cosa più difficile da rispettare nei grandi processi creativi di cui si nutre la moda. Armani è sempre acutamente consapevole della realtà contemporanea, ma con la collezione Privé in passerella ieri a Parigi ha raggiunto vette di travolgente modernità, è riuscito a innestare la forza del nuovo nel vecchio sogno della couture. Così dietro a questa donna sofisticata e grintosa, volutamente androgina ma al tempo stesso schiava e padrona di un’assoluta sensualità, s’intravedevano due grandi eroine noir: la straordinaria Lisbeth Salander dei romanzi di Stieg Larsson e l’indimenticabile Rachel di Blade Runner.
«Ciascuno ha le sue icone - dice il maestro nel backstage -. Ho sempre trovato interessante il gioco del maschile al femminile fatto però con eleganza e chiarezza. Altri puntano sui cappelli grandi così (con le mani indica una dimensione importabile, ndr) per essere sulle copertine dei giornali invece che nella vita vera». Ecco quindi perché per la ricchissima signora che il prossimo inverno potrà permettersi di vestire Privé, il tailleur pantalone diventa l’indispensabile compagno di un giorno che ha i bagliori della notte e la stessa inquietante intensità magistralmente sottolineata dalle giacche scolpite sul corpo anche nella versione mutuata dal blouson da motociclista con spalle a cappuccio oppure in quella, davvero indimenticabile, di cavallino nero, doppiopetto e indossata sulla pelle nuda. I piccoli guanti borchiati, le scarpe con il tacco a vite, la camicia maschile infilata in una minigonna dritta e precisa come un taglio chirurgico per non parlare delle zip usate al posto delle passamanerie in quanto ricoperte di jais, cristalli e strass: tutto contribuisce a creare un’immagine femminile metropolitana e credibile come non mai. Cattiva con gli uomini che odiano le donne, feroce con se stessa e con la banalità dei sogni ad occhi aperti, la nostra eroina non è romantica ma anche per questo piace da morire perfino con gli abiti da sera decorati da un’unica chilometrica zip e dal ricamo di innumerevoli cristalli neri e blu. Subito dopo la sfilata perfetta in tutto tranne nella colonna sonora (Lisbeth da brava hacker avrebbe cambiato i connotati a Moon River mixandolo al computer magari con la musica scritta da Vangelis per Blade Runner) Armani ha presentato il suo nuovo profumo, «Idole», a base di rose, zafferano e quei dolci arabi che si chiamano Lukhum. «Ho ancora dieci giorni di lavoro a Milano, poi finalmente vado in vacanza» ha rivelato lo stilista visibilmente provato dalla fatica ma anche consapevole d’aver aggiunto un’altra pagina alla sua leggenda di grande creatore.
In crescita costante con risultati più che soddisfacenti per Givenchy, il talento visionario di Riccardo Tisci si è colorato di una poetica concretezza nell’indimenticabile collezione couture che il giovane designer di origine italiana ha fatto sfilare ieri in un vecchio mercato del 15simo arrondissement. «Volevo portare l’alta moda nella realtà» spiega lui raccontando tutti i segreti dei suoi stupefacenti modelli ispirati un po’ dall’eleganza sartoriale e androgina di David Bowie e molto dagli stilemi decorativi del mondo arabo. Accessori sublimi, pettinature strepitose (anche Tisci come Armani lavora con l’hair stylist del momento, Luigi Mureno) e musica perfetta: più riuscita di così la sfilata non poteva essere.
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